Reggio Emilia, 28 aprile 2023 – È accusato di essere un furbetto del cartellino. Sarebbe uscito dagli uffici municipali, in orario di lavoro, per sbrigare faccende personali: fare la spesa al supermercato, andare al bar, al parco per leggere o in biblioteca comunale, nonché in diversi negozi.
Lui, un 60enne modenese, era un dipendente del Comune, per il quale è scattato il licenziamento a seguito delle prime risultanze investigative. Ora a suo carico è in corso un processo nel quale deve rispondere di truffa, con le aggravanti di averla commessa ai danni del Comune e con l’abuso di prestazione d’opera.
Secondo la Procura, lui, come addetto al servizio di Protezione civile, avrebbe certificato falsamente la propria presenza sul lavoro timbrando attraverso il dispositivo elettronico. Poi sarebbe allontanato omettendo la dovuta timbratura, procurando un danno al Comune calcolato in 1.426 euro.
Gli episodi a lui addebitati si concentrano dall’8 agosto al 13 settembre 2018. Davanti al giudice Silvia Semprini, ieri è stato sentito come testimone (citato sia dalla Procura sia difesa) il comandante della polizia locale Stefano Poma, che ha ricostruito le indagini. Il 60enne prima lavorava per i servizi sociali, da cui fu trasferito alla fine del 2017 alla Protezione civile "per incompatibilità ambientale, a seguito delle discussioni con un referente dell’altro settore".
«Nel gennaio 2018 entrò in vigore il nuovo codice di norme. Lo feci affiancare da altri operatori, perché si inserisse. Fino a febbraio fece sopralluoghi sul territorio, poi in quel mese indicai a tutti gli obiettivi di lavoro per l’anno, ma lui esternò obiezioni perché non condivideva le attività svolte. In marzo partecipò a un corso sulla nuova legge, ma si dimostrò insofferente. Si dovevano fare anche verifiche su arginature e torrenti: a un certo punto non volle più uscire per lavori in esterno. Nei primi sei mesi cercammo di coinvolgerlo, ma lui non voleva. In alternativa, in luglio, gli proposi di occuparsi del censimento dei sottopassi". Poi si verificò una serie di episodi misteriosi, che innescarono anche le indagini sul 60enne.
«Il timbratore della protezione civile, usato da tre dipendenti, venne danneggiato quattro volte. Nell’agosto 2018 chiesi e ottenni dalla Procura l’autorizzazione per installare le telecamere nella sede dell’ufficio in via della Croce Rossa".
Gli occhi elettronici "non registrarono chi tagliava i fili", ma captarono un’altra anomalia: "Si riscontrò che lui usciva spesso da solo. Fu visto mentre faceva spese, e così fu avviata l’indagine, affidata alla nostra polizia giudiziaria. Nelle settimane seguenti, fino a settembre, emerse che lui usciva dall’ufficio, ma per gestire situazioni personali. Un giorno, l’8 agosto, fu visto per caso dentro un negozio, così diedi l’incarico agli agenti del servizio antidegrado, che operano in borghese, di pedinarlo. Sette persone si alternarono nel controllarlo. Intanto feci partire un procedimento disciplinare: in base alla riforma Madia, fu sospeso dal lavoro per trenta giorni e poi scattò il licenziamento. Non mi risulta che lui lo abbia impugnato".
Il comandante ha riferito che una sentenza della Corte dei Conti ha quantificato il danno in 790 euro, mentre la cifra di 1.428 euro deriva dal conto fatto dall’ufficio del personale, moltiplicando le ore di lavoro passate in altre attività, poco più di 76, per 18,84 euro. A domanda del giudice, ha precisato che "per fare i sopralluoghi lui poteva uscire anche senza timbrare. Ma che lui non svolgesse attività lavorativa è stato documentato da foto e filmati".