Ci sono anche quattro residenti nel reggiano tra le sette persone arrestate nell’Operazione ‘Matrioska’ condotta dalla polizia e dalla guardia di finanza di Trento che hanno smantellato un sodalizio di ‘cyber-criminali’. Dodici gli indagati complessivi (cinque italiani, un rumeno, due nigeriani, un pakistano, un egiziano, un senegalese e un cingalese; uno di questi percepiva il reddito di cittadinanza) accusati, a vario titolo, dalla Procura distrettuale trentina per frode informatica aggravata e riciclaggio transnazionale. Tra questi anche tre di Reggio, di cui un nigeriano al quale sono state sequestrate due abitazioni – una nel nostro capoluogo e una a Piacenza – e un uomo di Bagnolo a cui sono stati sequestrati ben 41 quadri di valore e due anelli con rubini nell’ambito delle perquisizioni effettuate in questi giorni da oltre 80 tra poliziotti della squadra mobile, della polizia postale, ma anche del nucleo economico-finanziario delle Fiamme Gialle trentine guidate al colonnello Mario Palumbo oltre che dei finanzieri non solo a Reggio, ma anche a Belluno, Bergamo, Bologna, Brescia, Lodi, Milano, Modena, Reggio Emilia, Udine e Verona. In questi luoghi vi erano infatti le sedi societarie degli arrestati, tutti ora ai domiciliari dopo l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del tribunale di Trento. Le indagini hanno svelato l’innovativo sistema di frode informatica che l’articolata struttura costruita, in Italia e all’estero, per riciclarne i proventi illeciti, facendone perdere poi le tracce. "Mascherati" da manager di una società trentina del settore siderurgico, dopo averne hackerato la casella di posta elettronica aziendale senza però impedirne l’accesso ai manager ‘veri’.
Si chiama tecnica del B.E.C. (Business Email Compromise: truffa della compromissione della email aziendale) ed è uno dei più innovativi sistemi utilizzati per perpetrare frodi informatiche. Così hanno dirottato i pagamenti effettuati da una società bosniaca per l’acquisto di un costoso macchinario industriale. In questo modo sono stati sottratti 600mila euro, frazionati e riciclati attraverso società italiane, bulgare, polacche, ungheresi, slovene e britanniche. Tutto è partito da un bonifico su un conto corrente di una società bolognese e poi verso altre società ‘fantasma’ di Reggio (dove ce n’erano quattro riconducibili agli indagati), Castelfranco Emilia (Modena) e Milano, accompagnate da false causali. Oltre a conti correnti italiani ed esteri sequestrati, appartamenti, opere d’arte e gioielli, sono stati sequestrati anche due pistole semiautomatiche con matricola abrasa, 1.900 tra fialette, flaconi e confezioni di sostanze dopanti, auto di lusso (tra cui una Jeep Wrangler e una Cadillac Escalade).
Daniele Petrone