"Questa sentenza mette un primo punto importante su una vicenda che ha sconvolto la nostra comunità". Il sindaco di Scandiano, Matteo Nasciuti, commenta così il verdetto di primo grado pronunciato dal tribunale di Casablanca, in Marocco, sull’omicidio di Franca Ganassi, avvenuto il 30 dicembre 2005 nei pressi della sua casa, nel parco della Resistenza, e per il quale il 48enne Moustapha Bouzendar, reo confesso, è stato condannato a 25 anni. "La ferita causata da quell’omicidio non si è mai del tutto rimarginata: prova ne è l’intitolazione di un bosco urbano ad Arceto a Franca Ganassi, a futura memoria": lo spazio fu dedicato nell’aprile 2022 a lei, a Jessica Filianti e alle vittime della violenza maschile. "La sentenza dimostra poi come, spesso in silenzio, le forze dell’ordine e gli organi inquirenti abbiano lavorato per arrivare a un risultato – prosegue Nasciuti – nonostante i tanti ostacoli posti all’iter giudiziario". L’autopsia attribuì la morte a una serie di colpi inferti alla testa; ma emerse pure che lei subì l’oltraggio di un abuso sessuale. Per quasi quindici anni la morte di Ganassi, 60 anni, rimase un cold case, finché nel maggio 2020 Bouzendar fu arrestato in Marocco: la svolta, nata dalle indagini dei carabinieri coordinati dal pm Maria Rita Pantani, dipese da una prova del Dna dopo una comparazione con duecento campioni. Al culmine di una sinergia investigativa tra il pool guidato dal pm Pantani e gli inquirenti marocchini, il 48enne fu arrestato per le ipotesi di omicidio volontario, violenza sessuale e rapina della borsetta, per le quali si trova tuttora detenuto in carcere a Casablanca. Interrogato tra il 7 e il 9 maggio 2020, nel giro di due giorni fornì agli investigatori marocchini tre versioni dei fatti diverse, ma alla fine confessò, seppur chiamando in causa un misterioso secondo uomo, che a suo dire avrebbe agito in concorso con lui. Nella sua confessione, resa agli inquirenti del suo Paese il 9 maggio 2020 - e il cui verbale fu pubblicato dal Carlino - Bouzendar raccontò: "Tra le 20 e le 21 di quel giorno, mentre ero con un amico italiano, passò Franca Ganassi, vestita in modo pesante. Io e lui l’abbiamo aggredita. Una volta caduta a terra, l’abbiamo colpita più volte alla testa con un oggetto affilato che aveva portato l’altro, messo dentro a una calza nera. Poi abusai di lei". Disse che entrambi avevano bevuto e consumato droga. Riferì di essere rimasto in Italia per quasi due mesi dopo l’omicidio. E indicò con precisione la data del rientro: "Il 23 febbraio 2006 tornai in Marocco a causa dei controlli serrati delle forze dell’ordine". Nel suo Paese, dove si rifece una vita, accumulò anche altri reati anche verso la sua ex moglie. Se in Marocco è arrivato un primo verdetto, anche a Reggio resta aperto un fascicolo penale, allo stato dell’avviso di fine indagini, perché per l’omicidio non esiste la prescrizione: risulta pendente anche una sua richiesta di essere interrogato. Si apre così una questione: il ne bis in idem, cioè il principio giuridico che esclude due processi penali per i medesimi fatti, nel diritto internazionale non è vincolante. Quindi in teoria Bouzendar potrebbe essere processato anche in Italia, ma questa strada potrebbe aprirsi solo dopo un iter giuridico e diplomatico che coinvolga i due Stati.
CronacaFranca Ganassi stuprata e uccisa. Nasciuti: "Una ferita ancora aperta"