di Alessandra Codeluppi
L’associazione Acmid-Donne marocchine in Italia aveva presentato la richiesta di costituirsi parte civile nel processo sull’omicidio di Saman Abbas, la 18enne pakistana trovata seppellita sotto un rudere a Novellara. La Corte d’Assise presieduta da Cristina Beretti ha deciso però di non accogliere questa domanda, e altre dodici. La presidente e fondatrice di Acmid, Souad Sbai (foto), ex deputata, ha espresso rabbia su twitter: "È vergognosa la decisione di escludere Acmid come parte civile nel processo a Reggio - scrive Sbai - mentre a essere ammessi sono gli islamisti che emettono fatwe e vengono ora legittimati da un tribunale italiano". Il riferimento è all’Ucoii (Unione comunità islamiche italiane), che nel maggio 2021 emise una fatwa "contro i matrimoni combinati forzati": una decisione che fece discutere, perché la fatwa è, nella religione islamica, una sentenza che il fedele è tenuto a rispettare, e dunque da più parti ci si è chiesto quale fosse il senso di quest’iniziativa in Italia. L’avvocato Riziero Angeletti, che tutela l’Ucoii, taglia corto: "La Corte d’Assise ha pronunciato un’ordinanza che ha fornito una motivazione di accoglimento o di esclusione ponderata, chiara e soprattutto basata su pronunce giurisprudenziali emesse dalle Sezioni unite della Cassazione. Le decisioni giudiziarie vanno rispettate così come sono".
Tra i vari procedimenti speculari a quello di Saman, l’Acmid si costituì parte civile nel processo per il delitto di Rachida Rida, 35enne marocchina uccisa a martellate a Sorbolo Levante di Brescello dal marito connazionale, poi condannato l’anno dopo a 30 anni: pare che lui non avesse accettato l’avvicinamento della donna al cristianesimo.