GIULIA BENEVENTI
Cronaca

Favismo Reggio Emilia, un'infermiera chiede aiuto. "Campo vicino, rischio la vita"

Malattie rare, la storia di Rosaria Alba Santangelo: "Se soltanto inalo le spore emesse dalla pianta rischio di dover fare una trasfusione, se non morire"

«AIUTATEMI» Rosaria Alba Santangelo, infermiera di 42 anni, è affetta da favismo: «Mi sono trovata due enormi campi  di fave vicino a casa, in zona Acque chiare»

«AIUTATEMI» Rosaria Alba Santangelo, infermiera di 42 anni, è affetta da favismo: «Mi sono trovata due enormi campi di fave vicino a casa, in zona Acque chiare»

Reggio Emilia, 6 maggio 2019 - "Non posso più uscire di casa, se no rischio la vita".  Rosaria Alba Santangelo, infermiera di 42 anni, è affetta da favismo e si è trovata due enormi campi di fave vicino a casa, in zona Acque chiare. Diagnosticatale già da piccola, questa rara forma di anemia implica una carenza dell’enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, essenziale per il funzionamento e la sopravvivenza dei globuli rossi nel sangue. «In pratica – spiega Rosangela –, se soltanto inalo le spore emesse dalla pianta rischio di dover fare una trasfusione, se non morire».

Come si è accorta di stare poco bene?

«Portavo spesso a passeggio le mie due cagnoline lì vicino, un compito che ora spetta a mia mamma arrivata dalla Sicilia per aiutarmi. Mi sentivo molto debole, ma ho pensato che fosse il cambio di stagione. Non avevo riconosciuto che tipo di pianta fosse e al tempo stesso non riuscivo a riprendermi. A quel punto ho fatto le analisi del sangue e la visita ematologica al pronto soccorso ha confermato la crisi che stavo avendo».

Il suo quotidiano sarà impegnativo ora.

«È da inizio aprile che sono in malattia. Non posso tenere le finestre aperte, se esco devo entrare subito in macchina e sempre con la mascherina o un fazzoletto per non respirare le spore. Mia madre è dovuta venire qui ad aiutarmi, perché davvero rischio di finire all’ospedale subito. L’unica soluzione che ho è quella di eliminare i due campi di fave di fianco a casa».

Chi ha contattato?

«Tramite il mio avvocato ho scritto una mail all’Usl di Reggio, senza ottenere nessuna risposta fino al 30 di aprile, quando mi sono presentata in sede personalmente, portando con me i referti. Solo allora, dopo poche ore, l’Usl mi manda una mail: un articolo che spiega cos’è il favismo e cosa comporta. Come se io non lo sapessi già».

Li ha ricontattati, immagino.

«Esatto, chiedendo a cosa mai poteva servire mandarmi un articolo in cui spiegavano cos’è il favismo, se poi rischio di finire al pronto soccorso. A quel punto mi dicono di contattare il sindaco, perché per togliere o spostare i due campi in questione serve una sua ordinanza. Chiamo la segreteria del sindaco il pomeriggio stesso e non ottengo nessuna risposta, nemmeno via mail».

Finora?

«No, venerdì mi hanno risposto. Effettivamente serve un’ordinanza del sindaco, ma prima di emetterla deve essere l’Usl a certificare la gravità del caso. Come se non bastasse, mi hanno detto che almeno cinquanta devono presentare all’Usl la stessa segnalazione. Significa che per non avere più quei campi a meno di 50 metri da casa, devo trovare almeno altrettante persone con la mia stessa malattia – rara, tra l’altro – e che abitino nella mia zona. Allucinante. Cosa devo fare, rischiare una trasfusione per non morire?».

Le è mai successo prima?

«Una volta sola, quand’ero bambina. Dopo quell’episodio e la diagnosi sono sempre stata molto attenta, come immaginerà ora vivo nel terrore di avere di nuovo una crisi emolitica».