Reggio Emilia, 3 gennaio 2025 – “Dopo 43 anni hanno cessato la produzione del farmaco salvavita che assumevo e che mi passava la sanità pubblica. Per averlo ho due strade: andare al pronto soccorso ogni giorno con ore e ore di attesa oppure pagarmeli di tasca propria...”. Federica ‘Feffe’ Morini, 50 anni, residente a Cavriago, ex dipendente amministrativa dell’Ausl e ora in pensione (“Ho un’invalidità riconosciuta al 75%”, dice) si sfoga per un calvario di salute che sta attraversando in questo periodo natalizio e lancia la sua personale protesta “per aiutare chi come me si trova in difficoltà, ma anche per far capire cosa sta diventando la sanità al giorno d’oggi”.
Morini, da quando ha 7 anni, è affetta da un’asma bronchiale cronica severa e allergica. “Da allora – racconta – ho preso un farmaco che si chiama ‘Theodur’, contenente teofillina, mattina e sera”. A inizio dicembre però “scopro che questo farmaco è stato ritirato dalle case farmaceutiche. Mi propongono degli alternativi broncodilatatori, ai quali però sono intollerante. Perciò il 6 dicembre sono andata all’ospedale Santa Maria Nuova per sottopormi ad una spirometria urgente, proprio per capire la terapia sostitutiva migliore. Ho ritirato gli esiti il 21 dicembre, ma devo ancora essere chiamata dai medici. In tutto questo, ogni giorno ho rischiato lo choc anafilattico che è ciò che accade a chi di botto smette una terapia. Ho scritto mail e segnalazioni (che Morini ci ha fornito nero su bianco, ndr) anche alla direzione dell’Ausl, ma non ho ottenute risposte”. Fino a quando un medico dell’ospedale le propone due strade. “L’unico modo per assumere la teofillina è per endovena – continua Morini – Una pratica che però viene somministrata solo al pronto soccorso. Quindi io, secondo loro, dovrei andare ogni giorno con lunghe ore di attesa perché davanti a me avrei i codici più urgenti, per avere la mia terapia salvavita? L’altra alternativa sono dei farmaci biologici, che però non ho mai preso e non ho certo intenzione di fare da ‘cavia’”.
Morini a quel punto si è attivata autonomamente per riavere il suo farmaco salvavita. “Ho chiamato la farmacia di Cavriago per chiedere un aiuto, abbiamo controllato se effettivamente tutti i farmaci fossero reperibili in tante altre farmacie, ma con riscontro negativo. Pertanto il responsabile della farmacia mi ha consigliato di sentire la farmacia Ternelli di Bibbiano per prenotare la preparazione di farmaci contenenti teofillina che producono loro stessi, avendo un laboratorio scientifico personale e offrendo questo servizio da sempre”.
Da qui, conclude con un’amara considerazione: “Quindi farmaci come i miei o tutti quelli ritirati dalle case farmaceutiche anche per altre malattie, è una macchina messa in moto proprio e più che evidente, per poter trarre soldi a pazienti malati cronici? Visto che finché rimangono reperibili allora non si paga nulla, mentre a me ieri è stato detto che ovviamente i farmaci che ordino, devi pagarli… Sembra quasi che, visti i problemi che attanagliano la sanità pubblica e i tagli continui, i buchi dei bilanci dobbiamo pagarli noi malati…”. Infine, annuncia la sua battaglia: “Mi sto tutelando con un legale per una denuncia ben precisa. So che sarà difficile contro questo sistema, ma voglio provarci non solo per me stessa, ma per cercare di difendere i diritti di noi malati cronici. Esserlo non è una colpa e lo Stato dovrebbero proteggerci, non spennarci”.