DANIELE PETRONE
Cronaca

False fatture con la ’ndrangheta Anche la ’Dimora D’Abramo’ tra i 77 indagati dalla Dda

Filone bis dell’inchiesta Perseverance: 31 decreti di sequestro per 2,5 milioni di euro. Contestate operazioni a Codeluppi, ex presidente della cooperativa che gestisce l’accoglienza.

False fatture con la ’ndrangheta Anche la ’Dimora D’Abramo’ tra i 77 indagati dalla Dda

di Daniele Petrone

Si sarebbero rivolti a società riconducibili alla ’ndrangheta per emettere fatture false nei loro confronti e abbattere così il carico fiscale. Tra i 77 indagati dell’inchiesta – coordinata dalla pm della Dda di Bologna, Beatrice Ronchi e condotta da polizia e guardia di finanza – c’è anche Luigi Codeluppi, all’epoca dei fatti contestati presidente nonché legale rappresentante della Dimora D’Abramo, la cooperativa di Reggio specializzata nella gestione e nell’accoglienza dei migranti. Nel mirino delle Fiamme Gialle ci sono nove fatture fra il 2018 e il 2019, inserite nelle dichiarazioni annuali d’imposta, per un importo complessivo di 59.900 euro. Fatture emesse dalla Daara srls, dalla Emil System srls e dalla Ellepi Z. Technology, ritenute dagli inquirenti come le ’cartiere’ della cosca. Codeluppi – seppur a conoscenza di essere sotto indagine – contattato dal Carlino, non ha rilasciato dichiarazioni, così come il suo avvocato Gabriele Gennaccari del foro di Roma.

Codeluppi non rientra tra i 31 indagati a piede libero nei confronti dei quali è stato emesso un decreto di sequestro preventivo per equivalente (per un totale di 2,5 milioni) disposto dal gip del tribunale di Bologna Alberto Ziroldi su richiesta della Procura della Direzione Distrettuale Antimafia eseguito dagli uomini della squadra mobile e del nucleo economico finanziario delle Fiamme Gialle tra le province di Reggio (per la maggior parte) Modena, Parma, Mantova, Ferrara, Forlì, Lodi, Pisa, Perugia, Torino e Verona. Evidenziamo inoltre che – a nessuno degli indagati – sono contestati, almeno per ora in questa fase preliminare, l’aggravante mafiosa o ipotesi di reato correlate all’associazione a delinquere. Ma devono rispondere, a vario titolo, di fatture false e reati di natura fiscale e tributaria.

L’operazione – dalla quale è emerso un totale di 13,4 milioni di presunte fatture false da parte di imprenditori, titolari di aziende o rappresentati di cooperative di svariati settori, dall’edilizia all’alimentari, la maggior parte incensurati o insospettabili – è il seguito dell’operazione Perseverance che nel 2021 aveva portato all’arrestato di otto persone e a 22 condanne di primo grado, in abbreviato tra cui i 18 anni inflitti a Giuseppe Sarcone Grande all’epoca considerato tra i vertici della cosca, 16 anni a Salvatore Muto, 15 anni a Domenico Cordua, 14 anni e 4 mesi a Giuseppe Friyio e 14 anni a Salvatore Procopio. Se nella prima tranche gli inquirenti avevano stroncato chi emetteva le fatture false aggravate dal metodo mafioso, arrivando a ottenere anche la confisca delle ‘cartiere’, in questo secondo filone sono stati colpiti coloro che hanno beneficiato delle operazioni fiscali.