di Benedetta Salsi
Non è un problema di razzismo, di avidità o classismo. Quello che sta avvenendo a Reggio, ormai sotto gli occhi di tutti, sta assumendo i contorni dell’"emergenza sociale". Perché se una famiglia con bambini, con reddito netto di 1.800 euro, finisce in albergo sotto l’ala dei servizi sociali perché "è disperata e non riesce a trovare una casa", se gli stessi servizi sociali nel 2022 hanno speso quasi 600mila euro in hotel per aiutare chi veniva ’sfrattato’ ("non per morosità, ma per fine locazione"), se 89 famiglie, l’anno scorso, sono rimaste settimane, anche mesi, in una camera d’albergo senza trovare un alloggio (pur potendo spendere anche 600 euro in affitto), qualcosa davvero non funziona. Lo spiega bene Germana Corradini, dirigente dei servizi sociali del Comune di Reggio, che associa ormai l’emergenza abitativa a un’emergenza sociale. "E non dovrebbe esserlo".
Corradini, che cosa sta accadendo a Reggio? E perché i servizi sociali si occupano della mancanza di alloggi?
"Soprattutto dopo il Covid sono confluite verso i servizi sociali tante situazioni che di sociale non hanno nulla: non c’entrano la gestione di minori, la povertà, la non-autosufficienza; semplicemente dal 2021 abbiamo iniziato a ricevere ai nostri sportelli molte situazioni di ’finita locazione’. In sostanza, scadeva il regolare contratto di affitto e il proprietario voleva legittimamente riprendere possesso della propria casa: perché il figlio si sposa, per approfittare del bonus 110%, per vendere... "
Qual è il problema?
"Che le famiglie che escono da una locazione oggi non trovavano più un posto dove stare. Quindi, dopo averle tentate tutte e magari essersi indebitate, alla fine si rivolgono a noi per disperazione. E l’unica soluzione, ora, è collocarle temporaneamente in albergo".
Qual è la dimensione del fenomeno?
"Nel 2022 abbiamo speso solo in fatture di hotel 580 mila euro. Sono 89 le famiglie che abbiamo accolto in albergo, nuclei con stipendio anche da 1.800 euro netti al mese, italiane. Persone che non si sarebbero mai rivolte ai servizi sociali, ma sono disperate. A quel punto le collochiamo temporaneamente in albergo a spese (in parte) dei servizi. L’altra parte la pagano loro; ma, mi creda, non è una gran vita... Interi nuclei che vivono in una stanza di albergo, anche quattro persone, con bambini che vanno a scuola. Non certo una cosa comoda".
Quanto tempo ci restano?
"Nell’ultimo anno i tempi si sono dilatati perché non si trovano vie d’uscita: non sono famiglie che hanno caratteristiche da alloggio pubblico, non sono situazioni da servizi sociali. Quindi la faccenda si complica. Per loro è esclusivamente un disagio abitativo. In alcuni casi sono rimasti in albergo anche qualche mese".
Che cosa avete fatto poi?
"A un certo punto suggeriamo di valutare anche di spostarsi, compatibilmente con i percorsi di studio e di lavoro".
C’è qualcuno a cui avete consigliato di andarsene dalla provincia di Reggio e che lo ha fatto?
"Sì, qualche episodio è accaduto".
Il tema vero è che non sono situazioni da servizi sociali.
"Esatto. Sono persone finite impropriamente tra i nostri utenti, persone che possono pagare anche 600 euro di affitto, anche italiani".
Confedilizia accusa i servizi sociali di non intervenire in caso di criticità per le mediazioni, se non a sfratto ormai avvenuto.
"Non è vero. Il servizio sociale può intervenire prima dello sfratto, ma le famiglie devono chiedercelo. Noi non possiamo imporre a nessuno il nostro intervento, tranne in caso di minori abusati e maltrattati ovviamente, ma non è questo il caso. Il proprietario può segnalare, ma poi la famiglia deve accettare il nostro aiuto. La nostra presenza altrimenti non ha alcun senso. Non siamo gli esecutori materiali dello sfratto. Ma se esplodono situazioni impreviste siamo sempre disponibili".
Esiste un sportello ad hoc dei servizi sociali in tribunale proprio per gestire gli sfratti. Funziona?
"È un servizio che è stato creato proprio per andare incontro alle famiglie e ai proprietari: mettere a disposizione un nostro operatore durante le udienze per trovare delle alternative assieme. Perché, ovviamente, prima possiamo lavorarci, prima si trovano soluzioni. È attivo una volta a settimana il giovedì. Ma ultimamente abbiamo visto un sotto-utilizzo. Tanto che stiamo pensando se valga la pena tenerlo aperto".
Perché non viene sfruttato?
"Grava un forte pregiudizio sui servizi sociali, soprattutto dopo il ’caso’ Bibbiano; da lì in poi abbiamo visto un forte calo. Pensano: ’Resto senza casa, mi toglieranno il bambino’. Cosa che non è mai successo a Reggio Emilia, mai".
Qual è normalmente l’iter in caso di difficoltà?
"Abbiamo degli alloggi-ponte temporanei che mettiamo a disposizione di famiglie in difficoltà per un periodo, pochi mesi o fino a due anni. Nel 2019 erano 105; c’è stato un aumento esponenziale di messa in campo di risorse da parte del Comune e siamo arrivati a 209 nel 2022. Ma ora la lista di attesa per questi alloggi è già di 132 famiglie; che nel frattempo stanno in albergo, da amici e che noi aiutiamo con contributi economici".
Quindi il problema non è la selezione troppo stretta degli inquilini, mancano proprio le case.
"Noi abbiamo educatori che portano fisicamente le persone nelle agenzie, abbiamo attivato anche le reti sul territorio. Siamo andati molto oltre il nostro ambito di competenza. I servizi sociali si devono occupare di supporto alle fragilità, non delle case. Ma ce ne stiamo occupando, ahimè, perché quando il problema si cronicizza al punto che, dopo averle tentate tutte, le famiglie si indebitano e diventano disperate interveniamo noi. Mancano le case. E sta diventando un problema sociale".