di Alessandra Codeluppi
C’è un elemento che spicca tra gli altri e che gli inquirenti considerano il più pesante indizio contro il 33enne Marco Eletti, sul quale grava l’ipotesi di reato di omicidio del padre Paolo e di tentato omicidio della madre Sabrina Guidetti. Si tratta della felpa da lui indossata sabato, giorno in cui lui stesso ha dato l’allarme dalla casa dei genitori a San Martino, dove il 58enne è stato trovato morto e la donna, 54 anni, in fin di vita. L’indumento risulta presentare tracce ematiche descritte come schizzi di sangue, oltre a parti cutanee attribuite al padre 58enne, che è stato ucciso con almeno cinque colpi di martello alla testa. In base agli accertamenti dei carabinieri, coordinati dal pm Piera Giannusa, quel materiale organico, per il modo in cui ha impregnato la felpa, è un elemento che fa propendere gli inquirenti a ritenere il figlio autore del massacro.
Ma lui, a oggi, ha negato le responsabilità e anche su altri aspetti - dinamica e movente - restano dubbi da colmare. Ma perché la felpa inguaierebbe il 33enne? A una prima ricostruzione investigativa, il padre Paolo, di robusta corporatura, era seduto sul divano, quando il figlio lo avrebbe leggermente sollevato, di lato, per poi colpirlo alla testa con il martello e assicurarsi che i colpi gli fossero fatali. Paolo Eletti non avrebbe reagito: non sono stati trovati segni di colluttazione. Forse il primo colpo lo ha subito tramortito o, come ipotizzano gli inquirenti, anche il 58enne sarebbe stato narcotizzato con benzodiazepine, così come avvenuto con la madre: si spiegherebbe così perché l’uomo non abbia tentato difendersi, anche se manca la conferma dagli esami tossicologici. Dal modo in cui è stato attinto, dalla forma delle macchie di sangue - spruzzi - oltreché dagli altri resti biologici che hanno impregnato la felpa, gli inquirenti ipotizzano che l’assassino sia Marco. La madre, invece, risultata intossicata da benzodiazepine - senza tracce di alcol - è stata trovata con un taglio, unico e profondo, a metà braccio, da cui ha perso molto sangue, e con lividi sui polsi, che si ritiene siano stati lasciati da fascette. La 54enne, ex parrucchiera, è ricoverata all’ospedale Santa Maria Nuova, in coma farmacologico: al momento non è in grado di parlare, ma se le sue condizioni miglioreranno, potrà dare chiarimenti su quegli attimi terribili. Oltre alla felpa, altro elemento che gli inquirenti ritengono importante sono i resti di guanti di lattice e di fascette trovati bruciati nel garage.
Ieri intanto Eletti, difeso dagli avvocati Domenico Noris Bucchi e Luigi Scarcella, è comparso davanti al giudice Dario De Luca: il fermo non è stato convalidato - così come aveva chiesto la difesa - perché non è stato ravvisato il pericolo di fuga. Per il giovane è stata però confermata la custodia cautelare in carcere a Modena, dove tuttora si trova, perché il giudice ha ravvisato i "gravi indizi di colpevolezza", che erano stati ipotizzati dalla Procura.
Per i reati formulati dalla Procura, si contestano le aggravanti della premeditazione (l’utilizzo delle sostanze narcotizzanti) e pure quella dei futili motivi, oltre a quella del vincolo di stretta parentela con le vittime. Il giovane, affiancato da Scarcella a Modena - da cui si è videocollegato - e rappresentato nel tribunale reggiano da Bucchi, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
"È un processo abbastanza complesso - ha dichiarato a fine udienza Bucchi -. Sono molti i temi che dovranno essere indagati". Su altre mosse o considerazioni difensive, l’avvocato al momento rimanda: "Valuteremo più avanti".