Reggio Emilia, 17 novembre 2024 – Hanno svuotato poco alla volta il locale, poi hanno spento le luci della vetrina.
Dopo 16 anni, Maria Paola Giovagnoli e la figlia Eleonora Ferrari, del negozio ‘Mariapaola G’, in via Garibaldi a Scandiano hanno chiuso definitivamente la loro boutique.
Lo fanno con un po’ di malinconia nel cuore, ma anche con la soddisfazione delle sfide superate. Prima però madre e figlia hanno organizzato un ‘closing party’, fatto di aperitivi, musica e saluti.
“Abbiamo festeggiato perché la nostra è stata una scelta di vita”, premettono.
Infatti né la crisi dei centri storici, né quella delle botteghe locali ha influenzato la loro decisione; piuttosto “l’impegno e la creatività costante che un’attività oggi necessita per ‘sopravvivere’”.
“Il negozio da tempo era diventato un centro di ritiro ordini”, inizia a spiegare Giovagnoli.
Nel 2015 la figlia Eleonora, dato il momento critico che stava attraversando la boutique della mamma, ebbe l’idea di promuovere l’attività sui canali social. Una visione che si rivelò lungimirante durante e dopo il lockdown.
“Avere un e-commerce attivo, data la forte crisi che ne è scaturita dopo, ci ha salvate”, raccontano.
“Abbiamo notato che la percentuale di persone che entrava in negozio si assottigliava sempre di più, a favore di una fetta sempre più grande di persone che invece veniva solo per acquistare il vestito che aveva già visto online. È un fenomeno che abbiamo subito e che ci ha spinto verso un nuovo mestiere, quello della televendita, che mai prima avevamo fatto”.
Così hanno iniziato a girare video e a scattare foto , sorridenti e disinvolte per mostrare i loro prodotti. Oggi il profilo Instagram conta 30.700 follower.
“L’ultima cosa che facciamo prima di andare a dormire è controllare se sui social le clienti ci hanno scritto – confidano mamma e figlia – perché se non dai alle persone una risposta immediata, su Instagram, possono trovare quello che vogliono l’attimo dopo”.
E così, se la boutique abbassa le serrande alle 19.30, di fatto è come se l’attività non chiudesse mai: “Non ci è mai piaciuto molto, poiché così si sacrifica tempo alla vita privata”.
Eleonora otto mesi fa è diventata madre per la seconda volta. “Durante la gravidanza è stato difficile lavorare, perché non indossavo i vestiti che mostravo nelle storie di Instagram. Seppure minimo, il calo degli ordini l’abbiamo registrato e alla fine abbiamo assunto una modella per una collaborazione breve”. Gravi periodi di crisi, per fortuna, non li hanno mai affrontati. Anzi, la domanda, a loro dire, è sempre stata crescente.
“Questo però non coincide più con i tempi delle aziende, che seguono ancora le stagionalità e i campionari”.
Il sistema moda andrebbe ripensato “a favore di noi commercianti che non riusciamo più a sostenere un meccanismo obsoleto”.
Il campionario infatti si realizza un anno prima dell’uscita effettiva: “I capi dopo un mese per le clienti sono già vecchi – dicono Maria Paola e Eleonora – Noi siamo state costrette a interrompere la vendita dei brand a favore del pronto moda”.
Una modalità produttiva che per le commercianti oggi risponderebbe alle esigenze di tutti: “Non puoi più prevedere cosa piacerà ai clienti tra un anno – dicono –, quindi è più facile andare in un magazzino, acquistare la merce ed esporre questa in negozio”. E anche la questione competitor è un tema.
“Le aziende sono le prime a farci concorrenza – sostengono –, offrendo nei loro outlet tanti capi a prezzi molto concorrenziali, cosa che noi invece non potremmo mai fare”.
Dal 2008, anno in cui Maria Paola ha aperto il suo primo negozio di merceria, tante cose sono cambiate: “Non si fanno più i grandi investimenti di una volta; adesso puoi aprire un’attività in un garage o in una camera, basta una poltrona e una pianta finta per creare un angolo ‘instagrammabile’”.
Ad ogni modo, la moda è stata una passione che ha restituito a loro grandi emozioni: “Ricordo ancora la prima volta che un grande marchio ci disse di sì, che avremmo potuto venderlo; non ci potevamo credere”.
Se fosse rimasto tutto così, fermo a 16 anni fa, questa scelta non l’avrebbero mai presa.
“Il problema – conclude Eleonora – è questa metamorfosi che non ci piace più: far funzionare un’attività è diventata una cosa troppo impegnativa. La separazione fra lavoro e vita privata diventa sempre più labile, così per portare a casa uno stipendio sei costretta a sacrificare tempo alla famiglia”.
“E noi invece – chiudono – vorremmo solo che la qualità della nostre vite migliori”.