STELLA BONFRISCO
Cronaca

"Dopo Aemilia, poca conoscenza di fatti"

Il report di Libera a dieci anni dall’avvio del maxi processo. Sesena (Cgil): "Bisogna capire cosa è cambiato"

Il report di Libera a dieci anni dall’avvio del maxi processo. Sesena (Cgil): "Bisogna capire cosa è cambiato"

Il report di Libera a dieci anni dall’avvio del maxi processo. Sesena (Cgil): "Bisogna capire cosa è cambiato"

Per la comunità reggiana, estesa all’intera provincia, il processo Aemilia ha rappresentato uno spartiacque. Una linea netta tra un prima e un dopo. A dieci anni dall’avvio del più grande processo contro la mafia in nord Italia, la Cgil reggiana ha organizzato – lo scorso martedì sera – una tavola rotonda, a partire dalla ricerca realizzata da Libera Reggio Emilia sul grado di consapevolezza della presenza di infiltrazioni mafiose sul nostro territorio, che non si è dimostrata piena ma per lo più circoscritta ad alcun aspetti.

"La ‘ndrangheta ha trovato un humus fecondo – ha detto Luca Chierici di Cgil - nell’assenza di partecipazione dei cittadini, che sempre più sta dilagando, e nelle pieghe del lavoro precario. Il processo è invece stato solo la punta dell’iceberg, ma la guardia va tenuta alta. "È uscito, fuochi a cutrello", con tanto di festa pirotecnica, è un post che solo qualche tempo fa è apparso sui social. Fuochi d’artificio, incendi (non ultimo quello di oggi – martedì scorso, ndr) che appaiono qua e là vogliono dire: siamo ancora qui". Francesca Bedogni, vice presidente della Provincia e sindaco di Cavriago, ha sottolineato che solo una ‘cultura del noi’ può funzionare come antidoto contro il veleno della mafie. "La mafia continua a infiltrarsi nel nostro tessuto economico – è intervenuto il sindaco Marco Massari – soprattutto a discapito delle fasce sociali più deboli. Per questo ho ritenuto prioritario istituire una Consulta per la Legalità, sostenuta da figure di grande competenza, come Francesco Maria Caruso, presidente del consiglio giudicante del processo Aemilia e l’ex prefetta Jolanda Rolli, tra gli altri. Nessuno vuole militarizzare la citta, penso alla zona della stazione. Ma sono necessari interventi di prevenzione e repressione, socio sanitari e di rigenerazione urbana". La tavola rotonda è stata moderata dal giornalista Tiziano Soresina.

"A dieci anni di distanza – ha sottolineato Cristian Sesena, segretario provinciale di Cgil – bisogna capire che cosa è cambiato, perché è come se Aemilia avesse in qualche modo assolto il nostro tessuto economico, come se la responsabilità fosse soltanto di infiltrazioni arrivate da altrove. Aemilia non ha cancellato un fenomeno, lo ha soltanto contrastato. Caporalato, sfruttamento dei lavoratori, mancanza di tutele hanno creato terreno fertile perché la mafia attecchisse".

A sostenere le parole dei relatori sono stati i risultati della ricerca condotta e pubblicata dall’associazione Libera di Reggio Emilia: "Una mappatura – ha spiegato Giovanni Mattia, coordinatore provinciale di Libera – che sembra restituire una popolazione abbastanza conscia della penetrazione mafiosa nel reggiano, ritenendo che questo per il territorio rappresenti un problema abbastanza rilevante e che sia riconducibile quasi esclusivamente alla ‘ndrangheta calabrese. Più scarsa è invece la conoscenza rispetto a quanto in effetti sia accaduto ed emerso durante i processi. In pochi ricordano che è stato sciolto per mafia il Comune di Brescello, oppure lo confondono con altri paesi della Bassa".

A concludere la serata, la testimonianza di Margherita Asta, familiare di vittime di mafia, che 40 anni fa nella strage di Pizzolungo, in Sicilia, ha perso a 10 anni la mamma e due fratellini, annientati da un’auto bomba che voleva colpire il giudice Carlo Palermo.

Stella Bonfrisco