"Questo è stato il progetto più importante e complesso che Reggio Emilia ha portato avanti negli ultimi 10 anni".
Apre così il sindaco Luca Vecchi le celebrazioni per il decimo anniversario dell’inaugurazione del Tecnopolo di Reggio Emilia, da cui è poi nato il ‘Reggiane Parco Innovazione’ odierno.
Dal 23 ottobre 2013 nell’area delle ex Officine si è completata, con la guida di Stu Reggiane spa, la più grande rigenerazione urbana della storia della città: quasi metà dell’area dismessa è stata riqualificata, con un investimento pubblico-privato di 70 milioni di euro e l’insediamento di 24 tra imprese e associazioni per quasi 700 impiegati totali.
Nel 2024 arriverà anche il quarto polo universitario reggiano, dedicato al digitale con oltre 2.000 studenti, ma non è finita qui.
"Invitiamo tutti a fare un giro qui, a vedere questi capannoni – rilancia Luca Torri, ad di Stu Reggiane spa –. A gennaio inaugurerà il capannone 15b, a fine febbraio il nuovo polo universitario, il 6 marzo l’ex Mangimificio Caffarri e abbiamo fatto domanda anche per allargare il Tecnopolo, altri 500 metri quadrati per la ricerca e avvicinare imprese, università e centri di ricerca".
I meriti vanno condivisi: "Il rapporto nato qui tra pubblico e privato è straordinario, abbiamo avuto la fiducia del territorio: oggi è facile, molti vorrebbero venire qui, ma ho davanti i primi che nel 2016 hanno iniziato a versare le quote nel 2016, gettando il cuore oltre l’ostacolo insieme a noi, investendo per realizzare questo progetto così grande".
Vincenzo Colla, assessore regionale allo Sviluppo economico lo ha definito questa ricorrenza un compleanno splendido.
"Questo è un luogo di attrattiva internazionale ed è in grado di attrarre teste, che è la partita su cui si giocherà il futuro – ha detto Colla –. Non dobbiamo fermarci mai, nemmeno davanti a situazioni non andate bene: le risorse che non sono arrivate per Silk Faw le metteremo a disposizione per creare a Reggio un grande polo ingegneristico, di uguali dimensioni".
Il sindaco Luca Vecchi sottolinea l’impatto civile e sociale della rigenerazione: "A un certo punto del Novecento qui lavoravano 50mila persone, alla fine del secolo l’area si è svuotata. Il quartiere ne ha risentito ed è entrato in una fase di declino, tutta questa parte della città era a rischio. A inizio mandato abbiamo avuto tante proposte di interventi commerciali in quest’area, ma le abbiamo rimbalzate tutte: bastava poco per cancellare la storia e la memoria e produrre una riqualificazione orientata alla reddita fondiaria e non alla rigenerazione pubblica".
La scelta, a suo avviso, è stata più lungimirante: "Oggi questo è il simbolo di una città che guarda al futuro. Due settimane fa un grande sciopero è uscito dal centro per venire in questo luogo storico, che non ha resettato il suo passato. Abbiamo dovuto anche gestire una complessità, portare fuori 150 persone che vivevano ai margini. È stata una sfida politica che oggi ci consente una sintesi concettuale molto forte tra la rigenerazione urbana e l’idea futura della nostra città".
Tommaso Vezzani