"Ho trascorso tutta la mia vita qui, a Reggio, ma ora, se non avessi legami familiari, me ne andrei all’istante ad abitare negli Stati Uniti, dove sta mia figlia. Questa città è diventata uno schifo, la delinquenza dilaga. Nel giro di pochi mesi, in tre episodi diversi, sono stata quasi rapinata, mi hanno forzato il portellone dell’auto e infine sono stata derubata. Avremo il diritto, noi pensionati, di vivere tranquilli dopo una vita intera di lavoro e sacrifici? Ma non è così. Se faccio una passeggiata mi sento seguita e osservata, ho paura ad andare al supermercato. Ormai sono terrorizzata anche solo nel fare bancomat".
Sono le parole amare di Ilde Rosati, scrittrice e disegnatrice, già insegnante alle materne. Lei, 77 anni, dopo il furto della sua borsetta la settimana scorsa, è arrivata a desiderare di andarsene da Reggio, luogo, dice, diventato "irriconoscibile rispetto a quello di una volta. Quando ero piccola, la chiamavano la città dei fiori. Adesso invece abbiamo furti, rapine, vandalismi, spaccio, degrado, bivacchi, sporcizia". Originaria di Castelnovo Monti, vive con il marito al Quinzio: "Sono venuta a Reggio a 16 anni, andavo e tornavo con il treno, mai avuto paura. Poi mi sono trasferita in città, mi sono sposata e non chiudevamo mai la porta a chiave, non ce n’era bisogno. Adesso, al contrario, se scendo a fare una passeggiata al Campo di Marte da sola, è terribile, mi sento seguita, non al sicuro. Bisogna stare sempre attenti. Vicino casa mia c’è una scuola e la settimana scorsa, per la terza volta in breve tempo, hanno spaccato i vetri delle auto delle mamme che accompagnano i bimbi". E a lei è successo di peggio: "Giovedì scorso sono andata al Rossetto a fare la spesa. Quando ho finito ho aperto la macchina, ho messo la borsetta sotto il cuscino, sul sedile del passeggero, ho svuotato il carrello e fatto il giro dell’auto. Ci avrò messo 40 secondi: mi sono accorta che la borsa non c’era più. Pioveva molto. Ho visto un ragazzo, mulatto, che correva, lì per lì non ho ricollegato, pensavo corresse per la pioggia. Nella borsetta c’erano i documenti, la carta del bancomat, il telefonino Apple. Disperata, mi sono rivolta alla guardia del supermercato, provvisto di telecamere, e ho chiesto di chiamare la polizia". In Questura "ho trovato una ragazza deliziosa, che mi ha fatto intanto formalizzare la denuncia per il cellulare". Dopo varie vicissitudini legate al telefonino, si è rivolta ai vicini e ha chiamato il numero verde per il bancomat. Le hanno detto: ‘Ha fatto benzina oggi pomeriggio? Hanno provato per due volte al distributore Eni’. "Avevano tentato di usare la carta, ma l’operazione non era andata a buon fine – spiega Rosati –, comunque ho bloccato la carta". Poi, la sera, la svolta: "Mi sono collegata con mia figlia, che vive negli Stati Uniti e insegna tecnologia alla GMeson di Fairfax, Washington, e, da là, cosa che ha dell’incredibile, è riuscita a rintracciare il mio telefono: si vedeva un cerchietto in movimento sulla via Emilia Ovest, si è fermato davanti al Grandemilia. L’altra mia figlia e il marito, che vivono a Reggio, sono andati a cercarlo". Grazie alle indicazioni della sorella dall’altra parte del mondo, "che li ha guidati passo dopo passo, sono riusciti a trovare telefono e borsetta. Pioveva a dirotto. Ma mio genero ha scavalcato il guardrail, è entrato nel campo e con una torcia, in mezzo alle canne, ha trovato la borsa con dentro il telefono". C’era tutto, tranne i contanti, 90 euro circa, spariti. Ad agosto si era verificato il primo episodio: una tentata rapina in mezzo alla strada. "Era caldissimo, avevo i finestrini abbassati, la borsa era sul sedile del passeggero, stavo andando verso la Polveriera quando un’auto ha iniziato a suonare il clacson insistentemente. Ho accostato e questo tizio mi ha chiesto indicazioni per l’ospedale, dicendo che si era perso. Ho capito subito che non era vero, intanto vedo che un altro tizio ha messo le braccia dentro l’abitacolo, ho stretto a me la borsetta e ho iniziato a urlare: ’Delinquenti!’ e loro sono scappati. Quel giorno, mi sono tremate le gambe fino a sera. A settembre poi, in occasione della Giareda, dovevo presentarmi in Consiglio perché avevo vinto il concorso di poesia dialettale. Ho parcheggiato sotto le mura a Porta Castello, lì a terra c’erano delle feci umane. Quando più tardi sono tornata alla macchina, mi sono resa conto che avevano forzato il portellone. Per fortuna dentro non c’era nulla". Oltre alla paura, resta una grande tristezza: "Anche se so di non aver fatto niente di male, di non essermi comportata con stupidità o leggerezza, tutto questo mi ha distrutto. Non è possibile vivere così. Dovrebbe esserci un controllo su chi bivacca, bisogna fare qualcosa. Ma si doveva fare anni fa. Temo che ormai sia troppo tardi".