Inizia la conta dei danni. Dopo l’esondazione del Tassone a Bagnolo, via Spallanzani è ricoperta dal fango. Il viale che porta alle abitazioni è un tappeto marrone calpestato dall’andirivieni di residenti, volontari, vigili del fuoco e furgoni. C’è anche il vicesindaco Grazia Mosca.
Già sulla statale si vede un mucchio di quelli che fino a sabato erano interni e oggi sono rifiuti: un tavolo, una sedia, una lavatrice, libri e perfino un’enciclopedia in più volumi.
Gli sfollati tornano ad aprire le loro case, per iniziare i lunghi lavori che – si spera – potranno riportarle alla normalità. Con un sorriso ci si rimbocca le maniche, le braccia in aiuto dalla comunità sono numerose, rapide e organizzate. Mentre i vigili del fuoco mettono in sicurezza le bombole si iniziano a tirare fuori i mobili e l’arredamento, a chiedere a chi ci viveva cosa farne e riempire i cassoni. Il carico sgocciola. Il canale incombe alle spalle della palazzina in cui vivono tre famiglie, oggi sfollate dai parenti o in albergo.
L’argine è alto e il livello dell’acqua si è abbassato parecchio, però quel muro verde, ripido, alto più di due metri fa paura sentendo i racconti di Nadia Valentino: "Il Tassone è andato di sopra, ha iniziato a tracimare e non si fermava mai. Ce lo siamo trovati in casa, tanto forte che dalle bocchette esterne per l’aria entrava come se fosse un torrente. Ci siamo chiusi dentro, abbiamo provato a bloccare tutto, stendere panni e lenzuola, ma passava sotto le porte". Nell’appartamento al piano terra che condivide con il marito Cesare My e quattro figli di 7, 10, 12 e 20 anni il pavimento del salotto non si vede più. Lo ricopre uno strato marrone che si ritrova anche nel mobilio, colorazione che solo sul divano non si vede. A guardar meglio però ci si accorge che è perché è tutto macchiato, a metà tra il grigio originario, il giallognolo e il marrone. Le sedie sono ribaltate sopra il tavolo, tutte le prese staccate.
"Per fortuna – racconta Cesare – ho avuto la freddezza di mettermi in ginocchio su una sedia, abbassare il braccio e toglierle non appena ha iniziato ad entrare l’acqua".
La corrente nell’appartamento è staccata e il tour prosegue nella penombra. In cucina, dopo qualche minuto all’interno, l’odore del fango si fa sensibile e forte. La coppia mostra i segni della melma su un’antica dispensa in legno e su una stufa a pellet, pagata mille euro ma ora da buttare. Nella camera successiva si scende da un gradino alto 20 centimetri e anche lì gli interni sono rovinati, una linea orizzontale marrone segna tutta la stanza.
Residenti e volontari lavorano di squadra nell’edificio e nei garage, per spostare i mobili, liberare per le pulizie e caricare ciò che sarà da buttare. Compare un gatto, l’unico ritrovato dopo l’esondazione, e a parte la sua le altre cucce non ha senso tenerle, così come l’aspirapolvere e tanti altri elettrodomestici bagnati.
Non c’è tempo per tante parole, Cesare My però trova spazio per un appello molto sentito: "Innanzitutto vogliamo ringraziare tutti per l’enorme aiuto che ci hanno dato in questi giorni. Il Comune, la Caritas, i vigili del fuoco, i volontari… Sono stati dei grandi. Ieri però abbiamo fatto il primo sopralluogo e nella conta dei danni mi è sembrato che l’addetto tagliasse il più possibile: ‘Questa cassettiera basta asciugarla’, ‘Questo si può recuperare’, eccetera. Per il divano che è da buttare invece ci ha detto di passare a sceglierne uno alla Caritas. Così a noi non va bene, tutto quello che era qui dentro era frutto dei soldi guadagnati con i sacrifici di una vita. Non pretendiamo di più e non sappiamo a chi spetterà risarcirci, però deve esserci dato ciò che ci spetta con un calcolo fatto in maniera seria e onesta. Con la roba messa così, sporca, bagnata e accatastata negli angoli o sui furgoni come si fa a fare una valutazione? Nessuno vuole approfittarne, non ci inventiamo niente e non vogliamo l’elemosina, però un rimborso vero sì".