È cominciata con una ‘battaglia’ di eccezioni l’udienza preliminare a Torino a carico di 4 ex esponenti delle Brigate Rosse sullo scontro a fuoco del 1975 alla Cascina Spiotta, nell’Alessandrino, nel quale morirono la brigatista Mara Cagol e l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso. Unico degli imputati presente in aula Pierluigi Zuffada, assenti invece l’ideologo e fondatore delle Br Renato Curcio (marito di Mara Cagol), Lauro Azzolini e Mario Moretti. Tra i temi in discussione l’uso del trojan attraverso il quale sono state effettuate due intercettazioni ritenute cruciali dalla Procura: Azzolini confesserebbe il suo ruolo nell’uccisione di D’Alfonso. Il difensore di Azzolini, Davide Steccanella, ne chiede l’inutilizzabilità mentre l’ex giudice e ora avvocato Guido Salvini, che assiste Sonia D’Alfonso, figlia della vittima e parte civile, scrive in una memoria depositata oggi che quelle intercettazioni "rispondono ai requisiti di novità, significatività e casualità richiesti dalla legge". "Un processo paradossale per una vicenda di cinquant’anni fa maturata in un contesto storico diverso, dove ad essere chiamati in causa sono degli 80enni che hanno già fatto anni e anni di galera", commenta invece Steccanella, prima di entrare in aula per l’apertura dell’udienza preliminare. Azzolini fu prosciolto dall’accusa alla fine degli anni Ottanta. I pm hanno ottenuto la revoca di quella sentenza, il cui originale però risulta andato distrutto nell’alluvione che colpì Alessandria nel 1994.
"Se raccontassi a un mio collega all’estero – ha detto Steccanella – che in Italia si può riprocessare una persona perché lo Stato ha smarrito una sentenza, e che la stessa persona può essere intercettata prima dell’autorizzazione di un gip, penserebbe che sono matto. Adesso spero di trovare un giudice che applichi la legge". È cominciata ieri mattina a Torino l’udienza preliminare a quattro ex esponenti delle Brigate Rosse per la sparatoria del 5 giugno 1975: il procedimento ha preso le mosse dopo la riapertura delle indagini determinata da una denuncia depositata nel dicembre 2021 dal figlio del militare, Bruno d’Alfonso, a sua volta carabiniere in congedo, che aveva chiesto alla Dda del capoluogo piemontese di individuare un brigatista che era sfuggito alla cattura: ora gli inquirenti ritengono si tratti di Azzolini. Il colloquio intercettato, definito dagli investigatori la "confessione" del reggiano Azzolini, ha avuto luogo il 17 marzo 2023, nella casa a Milano dell’ex brigatista 81enne, che fu condannato per il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro e si è poi dissociato. Una conversazione a bassa voce con un altro ex brigatista, Antonio Savino, che a un certo punto vira sul sequestro di Vittorio Vallarino Gancia e lo scontro a fuoco alla Cascina Spiotta. "Io ero dentro la macchina. Dentro la macchina, quando l’ho visto. To to to to", racconta Azzolini imitando il rumore degli spari. "Lei (il riferimento, secondo gli investigatori, è a Cagol, ndr) è stata ferita nel braccio subito, a un certo punto è venuta fuori. Io cado, e nella botta ho perso la pistola (...) son andato fuori, sotto tiro anch’io". La cronaca di istanti drammatici, culminati nella fuga di Azzolini e nella morte di Cagol.