REDAZIONE REGGIO EMILIA

Da ’Ediltetti’ alla consulente Tattini. Diceva: "Ho tre albanesi che pago con soldini miei... "

La Cassazione: "Intervenne in plurime vicende di rilevante interesse per la cosca"

Da ’Ediltetti’ alla consulente Tattini. Diceva: "Ho tre albanesi che pago con soldini miei... "

Il maxiprocesso Aemilia a Reggio

di Alessandra Codeluppi

"Non ci serve minacciare troppo, perché se non li hanno (i soldi, ndr) non li hanno" e "se si continua si rischia la galera". Mentre usando un modo "gentile quelle aziende dove si va a recuperare i soldi un giorno potrebbero tornare utili". Così parlava nel gennaio 2012 Antonio Gualtieri a Roberta Tattini, la consulente finanziaria di Bologna condannata a 8 anni e 8 mesi per concorso esterno alla mafia in ‘Aemilia’, rito abbreviato. Il mese dopo Gualtieri le fece però capire che se gli imprenditori erano in difficoltà, lui poteva passare alle maniere forti: "Se mi fanno girare le p. sono più sanguinario di quello di laggiù...". E diceva di poter contare su fedelissimi: "Ho tre albanesi che pago con soldini miei... e questi qua darebbero anche il sangue per me... uno gli dici: "To spara" (...) Dico: "Di qua non vi muovete!... non si muovono... ma neanche... pure se vengono 10mila carabinieri". E Tattini diceva: "È la mafia". E Gualtieri: "E la miseria, gente di rispetto che è una cosa incredibile".

Gualtieri, nato a Cutro nel 1961, residente a Reggio, è stato condannato in ‘Aemilia’ come "capo" e "promotore" della cosca di ‘ndrangheta emiliana: col rito abbreviato, 12 anni confermati in Cassazione, più un anno di libertà vigilata a cui era attualmente sottoposto. Così lo delinea la Suprema Corte: "Intervenne in plurime vicende di rilevante interesse per la cosca, quali gli affari Blindo", ovvero l’acquisizione di contanti frutto di una rapina in cambio di dollari (progetto mai perfezionato), ma anche "gli affari Bergamo, fallimento Rizzi costruzioni" a Verona in cui ebbe "ruolo direttivo e su incarico di Nicolino Grande Aracri, collaborando coi vertici in un piano di parità". Al 416 bis, si aggiungono le estorsioni prluriaggravate a due imprenditori che operavano a Bergamo, nei cui confronti si collocano i dialoghi con Tattini. Oltreché l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e la ricettazione in concorso nel 2012 di 60mila metri quadrati di piastrelle provento di truffa a favore delle cosche di Cutro e Gioiosa ionica, in parte stoccati in magazzini a Montecchio e a Gualtieri per il clan emiliano, valore 242mila euro. Le estorsioni riguardano due titolari di aziende e sono collegate perché uno di loro era debitore dell’altro. In un caso, per fatti a Reggio e Bergamo, nell’ottobre-dicembre 2011, in concorso con Tattini, Gualtieri intimò a un imprenditore di consegnare 40mila euro, poi giustificati con fatture, come corrispettivo per il proprio interessamento nel recupero crediti verso Postel di Roma a favore della ditta ddla vittima. Il titolare raccontò che Gualtieri si presentò come capo mafioso e lo minacciò di ritorsioni. Della cifra pretesa, gli diede solo 29.500 euro. La sua azienda ricevette bonifici di 245mila euro che coprivano il suo debito verso Postel che era di 260mila. Postel non dava i soldi perché aspettava il rilascio del Durc da parte dell’azienda.

"Gualtieri - ha rilevato la Cassazione - entrò in contatto con il titolare quando lui versava già in difficoltà economiche e, pur senza aver finanziato la ditta, iniziò subito a operare il recupero crediti che la società vantava verso terzi", cioè il secondo imprenditore, "qualificandosi come esponente di spicco di una potente famiglia calabrese e pretendendo, peraltro, da lui, il 50% dei crediti recuperati". Ed ecco l’altra vicenda, avvenuta tra Reggio e Bergamo nell’ottobre 2011-giugno 2012. In concorso con Tattini e l’albanese Elezaj Bilbil (condannato a 5 anni), a fronte di presunto debito verso la precedente ditta, quantificato da Gualtieri in oltre un milione, lui intimò al secondo titolare di consegnare 87mila euro. Lo minacciò dicendo anche di aver ordinato ai suoi sodali di seguire gli spostamenti suoi e dei familiari. Il secondo titolare versò all’azienda creditrice 87mila euro e fece anche altri bonifici da 20mila euro. Infine, tra Reggio, Verona, Bergamo, nel giugno 2011-giugno 2012, fu intimato al titolare creditore dell’altro, come corrispettivo dell’attività di recupero denaro, di versare il 50% del debito giustificato con fatture false. L’imprenditore ricevette un bonifico da 87mila euro dall’altra società, poi consegnò a Gualtieri otto assegni da 10mila euro l’uno, più uno da 8.700. Gualtieri emise fattura utilizzando la propria ditta ‘Ediltetti’ giustificando con lavori di manutenzione del tetto di una casa in provincia di Alessandria della ditta creditrice. Poi il titolare verso altri 49.500 euro.