Reggio Emilia, 25 agosto 2019 - È da oltre un decennio che la Struttura complessa di Medicina Nucleare dell’Ausl Irccs di Reggio utilizza in via sperimentale la terapia radiorecettoriale con analoghi della somatostatina radiomarcati per la cura dei tumori neuroendocrini.
Questa terapia si basa sull’impiego di farmaci radioattivi (radiofarmaci) che vanno a localizzarsi sulle lesioni tumorali fissandosi a particolari recettori (i recettori della somatostatina, appunto) presenti in grande quantità in questo tipo di neoplasia. La radiazione permette di distruggere in modo mirato le cellule del tumore.
Quest'anno il radiofarmaco ha ottenuto l’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del farmaco (Aifa) e, proprio grazie ai risultati ottenuti, è giunto sotto i riflettori nazionali e internazionali. È per questo che la Struttura Complessa di Medicina Nucleare dell’Ausl Irccs reggiano è stata protagonista al Congresso americano organizzato dalla Society of Nuclear Medicine and Molecular Imaging (Snmmi), per illustrare il ruolo della medicina nucleare sia nella diagnosi (mediante l’uso della Pet) sia nella terapia dei tumori neuroendocrini (terapia radiorecettoriale).
«Utilizziamo da oltre un decennio in via sperimentale la terapia radiorecettoriale con analoghi della somatostatina radiomarcati – spiega Annibale Versari, direttore della Struttura complessa di Medicina Nucleare all’Ausl Irccs di Reggio – ma solo nel 2019 il radiofarmaco ha ottenuto l’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del farmaco. Grazie agli ottimi risultati ottenuti, tale trattamento ha destato grande interesse a livello internazionale ed è arrivato sotto i riflettori degli studiosi americani. I quali, al congresso di quest’anno, ci hanno invitato ad organizzare, in collaborazione con l’Associazione Italiana di Medicina Nucleare (Aimn), due sessioni scientifiche nelle quali discutere dell’argomento con esperti nazionali e internazionali in considerazione della nostra esperienza ultradecennale».
Una volta ottenuto il via libera da parte dell’Agenzia Italiana del farmaco, il radiofarmaco ha iniziato ad essere commercializzato nel nostro paese a partire da quest’anno. «Lo utilizziamo – spiega Versari - per i tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici, quando non possono essere asportati chirurgicamente, se si sono diffusi in altre parti del corpo o non rispondono ad altre terapie». Prosegue ancora il direttore: «Attraverso vari protocolli sperimentali, con tali radiofarmaci abbiamo eseguito in questi anni oltre 2300 trattamenti in circa 500 pazienti provenienti da tutta Italia (oltre l’80% da fuori regione)».
Il reparto di Medicina Nucleare dell’Irccs Ausl di Reggio, da sempre interessato e impegnato nei campi dell’innovazione e della ricerca, è una delle quattro strutture dell’ospedale ad aver ottenuto l’autorizzazione per gli studi sperimentali di fase I per l’«utilizzo di un farmaco per la prima volta nell’uomo».