REDAZIONE REGGIO EMILIA

Corruzione in Liguria. Signorini resta in carcere. Il giudice: "Può reiterare il reato"

Maxi inchiesta per corruzione, negati i domiciliari all’amministratore delegato (sospeso) di Iren "Le esigenze cautelari sono immutate, persiste il rischio di inquinamento delle prove".

Corruzione in Liguria. Signorini resta in carcere. Il giudice: "Può reiterare il reato"

Corruzione in Liguria, le "esigenze cautelari sono immutate", persistono il rischio di "inquinamento probatorio e il pericolo di reiterazione del reato". Queste le motivazioni con cui il giudice ha respinto la richiesta di Paolo Emilio Signorini, ex presidente dell’autorità portuale di Genova ed ex amministratore delegato di Iren (ora sospeso), di uscire dal carcere e di passare agli arresti domiciliari. Nella sua motivazione la gip del tribunale di Genova, Paola Faggioni, ha spiegato che il manager ha ritenuto semplicemente "inopportuni" i suoi rapporti con Aldo Spinelli e ha negato di avere ricevuto dall’amico i soldi (15mila euro) per il matrimonio della figlia, non rendendosi conto "della gravità delle sue condotte". Nel provvedimento, il giudice ha anche fatto riferimento al fatto che Signorini non si è poi mai dimesso da Iren (anche se è stato sospeso dal gruppo nel consiglio straordinario convocato d’urgenza il 7 maggio stesso, quando si è avuta notizia della maxi inchiesta e degli arresti), sottolineando che quando era in carica aveva dato all’imprenditore Mauro Vianello una consulenza da 200mila euro. La richiesta di passare ai domiciliari era stata presentata dall’avvocato Enrico Scopesi. La Procura di Genova aveva espresso parere negativo, soprattutto per la gravità dei fatti contestati. Signorini è tuttora l’unico degli indagati in carcere (si trova a Marassi dal 7 maggio scorso). Agli arresti domiciliari in seguito all’inchiesta che ha sconvolto la Liguria il presidente della Regione Giovanni Toti, l’imprenditore Aldo Spinelli e l’ex capo di gabinetto Matteo Cozzani.

In un primo momento, Signorini si era avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip e poi aveva chiesto di essere sentito. Ha risposto a tutte le domande - una dozzina - per circa tre ore. Ai pm Luca Monteverde e Federico Manotti aveva detto di avere ricevuto telefonate da Toti per accelerare la pratica del Terminal Rinfuse sostenendo che era però una cosa "normale visto che la pratica era del 2019". Signorini aveva "riconosciuto la sostanziale inappropriatezza di una frequentazione di quello che ha sempre ritenuto e che ritiene tutt’ora un amico. Col senno di poi ho capito che non era un comportamento adeguato, ma tutto il mio operato è stato fatto nell’interesse del porto e degli operatori portuali", aveva detto durante l’interrogatorio. La settimana scorsa, Iren ha annunciato che si dichiarerà “persona offesa” nel procedimento penale in corso. Ora, Iren è diretto e coordinato dal presidente esecutivo Luca Dal Fabbro e dal vicepresidente esecutivo Moris Ferretti, a cui sono state attribuite le deleghe e i poteri prima assegnati all’ad. Sospesi immediatamente anche tutti gli incarichi affidati direttamente da Signorini: per ora quello a Vianello e quello all’avvocato Andrea D’Angelo, ma proseguono gli audit, si passano al setaccio gli ultimi mesi, quelli cioè in cui Signorini è stato amministratore delegato.

Chiara Gabrielli