Da venerdì, ormai a dieci anni dell’operazione ‘Aemilia’ scattata nel gennaio 2015, Alfonso Paolini, nato a Cutro e residente in città, è tornato in libertà dopo aver scontato la pena. Era in carcere a Poggioreale (e prima a Teramo). Lui, oggi 71enne, fu condannato per associazione mafiosa nel maxiprocesso di ‘ndrangheta celebrato nell’aula bunker reggiana: col rito abbreviato gli furono comminati 12 anni in Appello, poi confermati dalla Cassazione nel maggio 2022. Secondo la ricostruzione investigativa, Paolini, imprenditore, era un uomo di fiducia di Nicolino Sarcone e tenne rapporti con le forze dell’ordine: furono vagliati i suoi viaggi verso Sud con l’ex questore Gennaro Gallo. Fu lui a prospettare al politico Giuseppe Pagliani, assolto in via definitiva, qualche tempo prima della cena al ristorante ‘Antichi sapori’ di Gaida, il contestato patto mafia-politica contro l’ex prefetto Antonella De Miro: "Giuseppe ti dico sono gente che... i voti ti porteranno in cielo". Nel processo Paolini, difeso dall’avvocato Federico De Belvis, si difese così: "Sono un venduto: ho votato tutti. Ma se davvero fossi stato dentro la ‘ndrangheta non sarei andato a spasso così visibilmente con le forze dell’ordine". E il suo legale disse che non emerse mai nulla se non l’inopportunità della sua frequentazione con Sarcone. All’inizio Paolini trascorse circa un anno in custodia cautelare in carcere, poi il Riesame lo mise ai domiciliari. Fu denunciato nel 2017 per evasione, ma assolto in primo grado e in Appello nel gennaio 2022 perché dimostrò che il campanello di casa era rotto.
Alessandra Codeluppi