Reggio Emilia, 6 maggio 2023 – Detenzione di materiale pedopornografico. È l’accusa della quale deve rispondere a processo un uomo, che oggi ha superato i 50 anni, già finito alla ribalta della cronaca per un’altra pesante vicenda.
Lui, che faceva l’allenatore di basket, era stato condannato in via definitiva a 4 anni e 8 mesi per pedofilia, perché riconosciuto responsabile di aver indotto un ragazzino 15enne, suo allievo, ad atti sessuali.
Dalla denuncia sporta dalla famiglia del minorenne, nella primavera 2015, era scaturito a stretto giro anche il sequestro di un computer contenente alcune decine di file con immagini che ritraggono minorenni in atteggiamenti sessuali, incluse alcune in stile manga e altre con protagonisti adulti.
Davanti al giudice Matteo Gambarati, ieri mattina è stato sentito il consulente tecnico nominato dalla Procura. Oltre a lui, è stato ascoltato anche l’imputato, che ha respinto gli addebiti: l’uomo, assistito dall’avvocato Erica Romani, ha sostenuto che quel materiale compromettente non gli appartiene.
Secondo la difesa, quei file non sono attribuibili con certezza all’imputato: erano contenuti in un computer, ma il verbale di sequestro non riportava il numero di codice del pc, che non sarebbe evidenziato neppure nella perizia.
Ora l’uomo si trova a piede libero dopo aver scontato la precedente pena legata alla condotta con l’adolescente. Nell’aprile 2018 la corte d’Appello confermò la sentenza di primo grado a 4 anni e 8 mesi, emessa due anni prima dal collegio reggiano formato dai giudici Alessandra Cardarelli, a latere Luca Ramponi e Silvia Semprini.
Il coach si è sempre proclamato innocente: in fase di indagini dichiarò che era stata la madre del ragazzino a concedergli di stare vicino al figlio, in difficoltà a scuola e in palestra.
Tre episodi erano finiti sotto la lente di ingrandimento del pm Maria Rita Pantani; erano emersi anche una quindicina di film pornografici che lui avrebbe mostrato al 15enne quando erano soli.
Dapprima l’uomo era finito in carcere per 22 giorni, nell’aprile 2015, per poi andare agli arresti domiciliari. In seguito era stato sottoposto al rientro in casa nelle ore serali e notturne, poi all’obbligo di dimora nel comune di Reggio. La difesa ricorse in Cassazione, che confermò la condanna dell’Appello, a oggi già espiata. Il processo sui file pedopornografici proseguirà in settembre quando saranno sentiti i testi della difesa.