Cirfood punta sul tempo pieno: "Lo chiedono le famiglie italiane"

La presidente Chiara Nasi, all’indomani dell’approvazione del bilancio 2023, tornato positivo "L’inflazione l’abbiamo pagata cara. Espansione? Soltanto se aumenteremo l’impegno nelle scuole".

Cirfood punta sul tempo pieno: "Lo chiedono le famiglie italiane"

Cirfood punta sul tempo pieno: "Lo chiedono le famiglie italiane"

"Arriviamo all’approvazione di questo bilancio dopo un triennio molto complicato tra chiusure legate al Covid e impennate inflattive, il cui peso è gravato sulle nostre sole spalle, ma abbiamo saputo reagire".

Come dare torto a Chiara Nasi, presidente di Cirfood. Un anno, il 2023, chiuso con ricavi consolidati pari a 618,7 milioni di euro, il 15% in più rispetto al 2022, e un patrimonio netto di 120,4 milioni; 95,1 milioni di pasti serviti in 18 regioni di Italia, oltre al Belgio e all’Olanda.

Nasi, quanto ha influito l’inflazione sulla vostra attività?

"Nel nostro settore la revisione dei prezzi non è automatica e tanti contratti pubblici non prevedono un adeguamento in linea con l’Istat. Per questo abbiamo lavorato sull’efficientamento dei processi e siamo riusciti ad arginare in parte l’aumento dei costi. Poi sì, a luglio del 2023 il codice appalti ha introdotto una clausola sulla revisione dei prezzi, ma risulta addirittura peggiorativa".

Come mai?

"Perché la revisione può scattare solo con inflazione almeno al 5%, e a noi viene riconosciuto solo l’80% di quello che eccede. Ci stiamo battendo perché venga fatta una modifica e venga eliminato il tetto del 5%. Un servizio come il nostro, che è essenziale nel welfare pubblico e non può essere mai interrotto, rimane inascoltato".

A quanto ammonta il fatturato 2023 su Reggio?

"Siamo attorno ai 58milioni di euro. Qui la ristorazione collettiva rappresenta il 70% del nostro fatturato, incluso il privato".

Le ristrutturazioni dell’edilizia scolastica con fondi Pnrr sono un plus per voi?

"A livello nazionale il Pnrr prevedeva circa 1 miliardo di risorse dedicate alla realizzazione di mense, perché diventino a tempo pieno. L’abbiamo vista come una possibilità di ulteriore sviluppo, anche perché in Italia il nostro mercato è abbastanza fermo".

Meglio puntare sullo sviluppo dei processi produttivi?

"Tanti dei nostri progetti sono focalizzati sull’efficienza del servizio grazie alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale. Quest’ultima è già utilizzata per gestire meglio i magazzini, tra ordinativi e giacenze; o ancora, l’implementazione in cucina di robot collaborativi che supportano il personale".

Nessuno spiraglio di espansione sul mondo dell’università?

"Quello per noi vale soprattutto all’estero, in Olanda; anche in Belgio abbiamo un buon livello di ristorazione collettiva ma dedicata principalmente ad aziende private. In Italia la concezione del campus non c’è molto,. Le dirò però, che per espandere il nostro mercato basterebbe aumentare il tempo pieno nelle scuole dell’obbligo: la domanda in questo senso supera di gran lunga l’offerta".

In tutta Italia?

"Al Centro-Sud soprattutto. Tra l’altro sarebbe un bel passo avanti anche per l’occupazione femminile. Il 90% delle nostre persone è donna e vediamo che avere un part time è spesso la chiave per conciliare al meglio vita e lavoro. Allo stesso tempo mandare i figli a scuola a tempo pieno permette a molte donne di poter trovare un’occupazione. Senza contare che per molti bambini, che soffrono di obesità o che vivono condizioni di povertà alimentare, avere la mensa a scuola è l’occasione per ricevere una sana educazione alimentare, che sarà preziosa anche per la loro salute da adulti, pesando meno sulla sanità pubblica. Vede, è tutto un circolo che può essere virtuoso, per questo mi sorprende la poca rilevanza che le istituzioni riservano al nostro settore".