ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

"Casse di espansione? Mai ultimate"

Esondazione 2017, i bollettini Arpae sarebbero stati basati su dati non reali, portando a previsioni sbagliate

"Casse di espansione? Mai ultimate"

di Alessandra Codeluppi

Le casse di espansione non furono mai ultimate: la loro capienza era inferiore a quella prevista sulla carta. E non vennero neppure ripulite da vegetazione e detriti in eccesso. Due circostanze di cui Aipo sarebbe stata al corrente, e che non avrebbe comunicato neppure ad Arpae: così quest’ultimo ente avrebbe emesso bollettini idrometrici falsati, perché redatti sulla base di dati che non corrispondevano a quelli reali, ma che finirono comunque sul tavolo della Prefettura. E che indussero a previsioni sbagliate, portando dunque al disastro dell’alluvione di Lentigione, quando il paese intero si risvegliò, la mattina del 12 dicembre 2017, sommerso dal torrente Enza.

È quanto hanno riferito i carabinieri forestali chiamati a testimoniare dal pm Giacomo Forte, titolare dell’inchiesta: il maresciallo Fabio Gangemi, che proseguirà stamattina, e il brigadiere capo Luigi Mugherli. Da ieri è entrato nel vivo il processo che vede imputati per inondazione colposa in concorso tre imputati: l’ingegnere Mirella Vergnani, alla guida della direzione idrografica Emilia occidentale dell’Aipo; l’ingegnere Massimo Valente, allora dirigente della zona Emilia occidentale dell’Aipo, e il 53enne geometra Luca Zilli. I cittadini che hanno deciso di costituirsi parte civile sono 181. Stessa scelta da parte del Comune di Brescello, mentre Aipo figura come responsabile civile. Secondo i due carabinieri forestali, le casse di espansione di Montechiarugolo (Pr) e Montecchio, che avrebbero dovuto raccogliere la piena, non erano neppure state finite. Su quei terreni, prima, c’era una cava estrattiva che fu trasformata nel manufatto idraulico, ma i cui lavori non furono mai ultimati. La capienza totale di 12 milioni e mezzo di metri cubi d’acqua, prevista nel progetto iniziale, in realtà non fu mai raggiunta. Non solo: nelle piene precedenti, in particolare nel 2009, si formarono accumuli di detriti. Pure la crescita di vegetazione contribuì a saturare il dispositivo idraulico. A detta degli inquirenti, Aipo sapeva sia che non erano mai state ultimate, sia che non erano state fatte le pulizie necessarie. Hanno riferito in aula di un’esercitazione fatta sulle casse l’anno prima, in presenza anche dell’ingegnere Vergnani: a loro dire, lei aveva potuto constatare di persona la cattiva manutenzione. Aspetto che, per gli investigatori, si evince anche dalla documentazione acquisita: è stato fatto riferimento a una nota del Comune di Montecchio, datata 2015, condivisa anche da Montechiarugolo, in cui si esprimeva preoccupazione. È stato ricostruito pure quanto avvenuto il giorno prima dell’alluvione: alle 23 si riunì il Centro coordinamento soccorsi, in Prefettura, in cui si pose l’attenzione, come elemento prioritario, sul ponte di Sorbolo (Pr). E si stabilì di continuare il servizio di sorveglianza degli argini da parte di Aipo insieme ai volontari della Protezione civile, rimandando una nuova riunione alle 9 del giorno dopo. Ma tre ore prima l’Enza tracimò e sommerse Lentigione.