ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Caso Saman, parte il ricorso. Papà e zio vogliono l’Appello: "Gli indizi non sono sufficienti"

Secondo il nuovo avvocato di Shabbar "voleva che la lezione fosse data al fidanzato, non a lei". Mentre per quanto riguarda Danish, "non c’è il tempo sufficiente per il suo arrivo nel luogo".

Caso Saman, parte il ricorso. Papà e zio vogliono l’Appello: "Gli indizi non sono sufficienti"

Caso Saman, parte il ricorso. Papà e zio vogliono l’Appello: "Gli indizi non sono sufficienti"

I tre imputati, i genitori e lo zio di Saman Abbas, condannati per l’omicidio della giovane, hanno tutti presentato ricorso in Appello.

Dal Pakistan la madre Nazia Shaheen, come anticipato dal Carlino, ha proclamato la propria innocenza e ha accusato Danish Hasnain di falsità attraverso il legale pakistano: in Italia l’avvocato Simone Servillo, che aveva chiesto l’assoluzione, ha impugnato il verdetto. Il marito, Shabbar Abbas, come lei condannato in primo grado all’ergastolo, è ora seguito dall’avvocato Sheila Foti.

La tesi della Corte di Assise che Saman sia stata uccisa quella stessa sera, subito dopo essere uscita dal fuoco della telecamera, sotto gli occhi del padre, "non convince: non solo non si tratta di un omicidio premeditato, come già escluso, ma nemmeno ideato a livello familiare - sostiene - perché, essendo Shabbar certamente a conoscenza della collocazione delle telecamere, sarebbe stato ideato diversamente".

Nel suo ricorso il legale ha chiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per disporre una perizia comparativa tra le immagini delle telecamere, nella notte del primo maggio 2021 in cui scomparve Saman: "Ho ritenuto che non ci si possa accontentare di una prova logica, assai discutibile, ma che occorra una prova scientifica". Ha poi domandato l’assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto "a causa dell’erronea valutazione delle risultanze dibattimentali. Trattandosi di un processo indiziario, gli indizi devono essere prima singolarmente considerati e poi valutati nel complesso. Se tutti convergono in una sola direzione, oltre ‘ogni ragionevole dubbio’, allora potranno ritenersi sufficienti a giustificare una condanna. A mio avviso gli indizi a carico dell’imputato non risultano sufficienti. I contatti telefonici tra Shabbar e il fratello, di cui non si conosce il contenuto, essendo precedenti al fatto e avvenuti in un momento in cui nessuno era sottoposto, per ovvi motivi, a intercettazione telefonica, intercorsi tra le 21.45 e le 22.02 circa, nonché tra le 23.12 e le 23.45, risultano compatibili anche con la versione di Shabbar".

Mentre "le intercettazioni telefoniche tra il figlio Alì Haider e la madre o il padre, successive al fatto, risultano suscettibili di interpretazione difforme, rispetto a quella formulata dal giudice di primo grado". In subordine, ha chiesto le attenuanti generiche, quella del concorso anomalo "dato che l’imputato voleva che fosse inflitta una lezione al fidanzato di Saman e, invece, l’azione dei correi portò alla morte della povera Saman".

Nel ricorso per Danish Hasnain, depositato dall’avvocato difensore Liborio Cataliotti, si sostiene che la perizia medico-legale di Cristina Cattaneo, combinata con le altre risultanze istruttorie ‘oggettive’, ha aperto un ventaglio di possibilità. La prima riguarda la madre "in quel minuto in cui è stata nel buio con la figlia": ma sarebbe impossibile, oltre che non provato, argomenta, "l’arrivo in tempo utile di Danish, salvo che non si ritenga che sia stato chiamato prima del litigio fra Saman e i genitori: dopo l’esibizione delle chat tra Saman e il fidanzato da parte di Alì Haider ai genitori delle 23.45 non ci sono chiamate risposte".

Seconda ipotesi, che possa essere stato il padre, "anche da solo nei sei minuti successivi". Ma obietta il legale, anche in questo caso "sarebbe cronologicamente impossibile l’arrivo in tempo utile di Danish, salvo che non si ritenga che sia stato chiamato prima dell’esibizione delle chat e del conseguente litigio". Infine Cataliotti parla di una terza ipotesi: che uno o entrambi i genitori siano stati aiutati da uno o più parenti, imputati o anche non imputati. Questo indipendentemente dal fatto che l’omicidio sia stato pianificato o neo.

Il telefono di Abbas non è agli atti, diversamente da quello di Danish, e anche se non si ritiene l’omicidio pianificato, il primo potrebbe avere telefonato ad altri, oltre che a Danish: nelle due volte in cui Abbas esce di casa ha lo schermo del cellulare illuminato per diversi secondi e, pacificamente, non sta telefonando a Danish". Per affermare la responsabilità di Danish, conclude il legale, "banalmente avrebbe dovuto essere provata la sua presenza anche solo passiva sul luogo dell’omicidio: ma se si prescinde dalle dichiarazioni di Haider, non esiste di ciò alcuna prova".