REDAZIONE REGGIO EMILIA

Botte, alcol e patriarcato. Il fratello di Saman si sfoga: "Una volta ero come loro"

Il ragazzo in aula ricostruisce la sua fuga in Liguria con lo zio e la notte dell’omicidio. E punta il dito su altri due parenti: "Loro davano consigli ai miei genitori".

Botte, alcol e patriarcato. Il fratello di Saman si sfoga: "Una volta ero come loro"

di Alessandra Codeluppi

La sua versione sulle circostanze che accompagnarono l’omicidio di Saman Abbas. E anche sul clima di violenza che lui e la sfortunata sorella vissero in casa per mano del padre. Due piani che si sono incrociati più volte, nell’udienza di ieri. Le difese hanno continuato a incalzarlo sui suoi ricordi a intermittenza dei fatti e le intercettazioni ritenute ambigue. L’avvocato Liborio Cataliotti, difensore dello zio Danish Hasnain, gli ha chiesto di parlare dell’allontanamento del suo assistito, dei cugini e del ragazzo da Novellara. "Danish mi disse di prendere gli abiti, poi andai a casa sua. Lì papà chiamò mio zio, che gli disse: ‘Adesso noi scappiamo’, sono stati presi i telefonini e si sono accorti...". Mio padre disse di rimanere lì, Hasnain ribattè: "Tu sei in Pakistan e non hai problemi, ma qui in Italia prendono noi". Nella città ligure arrivarono il 9 maggio 2021, e qui furono fermati per un controllo dalla polizia:"Mio zio mi suggerì di dare un nome falso". Hasnain e i due cugini proseguirono all’estero, mentre il fratello di Saman fu collocato in comunità. Un pakistano lo aiutò a fuggire usando le lenzuola. Molte domande sono state fatte su due parenti non imputati, ma i cui nomi compaiono nelle intercettazioni e rimbalzano spesso davanti alla Corte. Uno è Irfan Amjad, un cugino, che fu iscritto nel registro degli indagati nel settembre 2022 e poi archiviato. L’altro è Zaman Fakhar, fratellastro di Shabbar Abbas: pure lui era stato citato come teste, vive in Spagna e a un certo punto è diventato irreperibile. Il 18 giugno 2021, durante l’incidente probatorio davanti al gip Luca Ramponi, Alì Haider disse che Irfan "aveva forzato tantissimo i genitori" per la morte di Saman. Cataliotti gli chiede se avesse motivi di risentimento verso di lui. "Sì, perché quando veniva a casa nostra guardava male mia sorella. Come se io guardassi una donna con cattive intenzioni". L’avvocato gli chiede se ci fossero ruggini anche con Fakhar: il ragazzo nega. Poi si sofferma su un’intercettazione del 26 maggio 2021, dove Haider dice a suo padre che non vuole più vedere in faccia né Irfan nè "il cane coi baffi", cioè Fakhar. E rimarca come il ragazzo avesse espresso questo concetto molto prima di essere sentito dal gip. "Loro davano consigli ai miei genitori, del tipo ‘se nostra figlia avesse fatto questo, anche noi avremmo già fatto così’. Lo fecero prima dell’omicidio". Haider specifica poi che Irfan diede questo suggerimento "il giorno in cui venne in motorino". Il riferimento è al 30 aprile 2021, quando alle 18 vi fu una riunione in famiglia: "Mio padre mi disse di stare fuori. Io andai giù da mia sorella e da mia mamma. Allora Irfan disse che l’avrebbe uccisa". Cataliotti chiede se Hasnain era presente quando Irfan avrebbe suggerito ai genitori di uccidere Saman: Haider non si ricorda.

Il difensore gli chiede come mai lui non abbia fatto i nomi già il 15 maggio 2021, quando annunciò di dire tutta la verità: "Di Nomanulhaq e Ijaz non parlai perché fui costretto da mio padre". Cataliotti gli dice anche che "quando eri in comunità a Tabiano avevi riferito al telefono che la colpa è di Irfan e Fakhar, mentre la madre diceva che erano sciocchezze. Poi tre giorni dopo, il 18 giugno 2021, hai accusato Irfan". Lui dice che "glielo avevano suggerito". L’avvocato Mariagrazia Petrelli (difesa cugino Ikram Ijaz) gli domanda perché non abbia raccontato tutta la verità il 18 giugno davanti al giudice dell’incidente probatorio. Lui risponde: "Alcune cose me le sono ricordate dopo". Nel controesame, rispondendo all’avvocato di parte civile Teresa Manente per Differenza donna, riferisce di aver subito minacce da Hasnain davanti alla caserma: "Mettiti in testa le cose che ti ho detto io, altrimenti ti faccio fare la stessa fine di tua sorella". Lui seppe che i suoi sarebbero partiti per il Pakistan il 30 aprile 2021, dopo la morte di Saman: "Mio padre mi disse che mi avrebbe lasciato allo zio, senza spiegarmi il motivo". Il presunto movente rimbalza dalle questioni poste dal pubblico ministero Laura Galli: "Quando lei Saman andò in comunità, mio padre parlava di onore. Se qualcuno in Pakistan avesse saputo sarebbe stato un problema. Lui voleva farla tornare a casa e cambiò dieci account per contattarla. In videochiamata mia madre vide che lei aveva fatto i riflessi biondi ai capelli: ’Prostituta - disse - fuma’. Mio padre riferì: ’Ti sistemo io appena torni a casa, ti faccio fumare’".