di Daniele Petrone
Assolto su tutta la linea. Per il guru della psicoterapia Claudio Foti sono cadute ieri tutte le accuse contestate in primo grado – nel quale era stato condannato nel novembre 2021 a quattro anni, in abbreviato, dal tribunale di Reggio – nell’inchiesta sui presunti affidi illeciti dei minori in val d’Enza.
Sentenza ribaltata. E clamorosamente. Come l’effetto di una catapulta. Angeli o demoni, colpevoli o innocenti? Nel processo delle mille contraddizioni e dalle verità difficilissime da riesumare, la Corte d’Appello di Bologna tira uno scossone all’impianto d’accusa del quale Foti è ritenuto (a questo punto era...?) una figura chiave del processo insieme a Federica Anghinolfi, l’allora responsabile dei servizi sociali, tra i 17 imputate nel rito ordinario in corso di dibattimento a Reggio.
Un duro colpo che il procuratore generale reggente di Bologna, Lucia Musti prova ad attutire, lasciando preludere alla possibilità di un terzo round di giudizio: "Leggeremo le motivazioni della sentenza e all’esito valuteremo se sussistono spazi per un ricorso in Cassazione", dice poco dopo la sentenza di ieri. Poi fa quadrato attorno alla procura reggiana: "Sottolineo la piena sinergia tra la Procura di Reggio e la Procura generale. Ho applicato convintamente la dottoressa Valentina Salvi all’ufficio". L’accusa in secondo grado è stata condotta dal sostituto pg Massimiliano Rossi e proprio dalla pm Valentina Salvi che ha coordinato le indagini dei carabinieri fin da quando lo scandalo esplose nell’estate del 2019 con gli arresti.
Foti – che tramite il suo legale aveva impugnato la condanna – è stato scagionato da ogni capo di imputazione. In primis "per non aver commesso il fatto" per quanto riguarda l’abuso d’ufficio contestato per un affidamento senza bando pubblico per il centro ‘La cura’ di Bibbiano. E poi "perché il fatto non sussiste" dal reato di lesioni dolose gravi nei confronti di una 17enne che faceva psicoterapia con lui. Infine, è stata confermata pure l’assoluzione dall’accusa di frode processuale contro la quale la stessa procura aveva fatto ricorso per chiederne invece la condanna.
Lo psicoterapeuta, fondatore della nota onlus piemontese Hansel&Gretel, mesi fa era stato sostenuto anche da una lettera sottoscritta da oltre un centinaio di colleghi professionisti i quali confermavano la bontà dei suoi metodi.