di Alessandra Codeluppi
Il maxiprocesso di ‘ndrangheta ‘Aemilia’, il cui primo grado è stato celebrato nella nostra città, approderà alla Cassazione. Dopo il verdetto espresso in Appello a Bologna il 17 dicembre scorso, con le motivazioni della sentenza depositate a metà giugno, è scaduto a fine luglio il termine di 45 giorni per presentare ricorso alla Corte suprema.
Da quanto risulta, quasi tutti gli imputati - sul totale di 122 - hanno deciso di affrontare l’ultimo grado di giudizio. In dicembre la Corte d’Appello - presieduta dal giudice Alberto Pederiali, a latere i colleghi Maurizio Passarini e Giuditta Silvestrini - aveva inflitto quasi 700 anni di reclusione: sui 118 imputati, 25 sono stati assolti e per altri due era stato emesso il ‘non luogo a procedere’.
Altre tre posizioni, tra cui quella di Pasquale Brescia, imprenditore ex titolare del ristorante ‘Antichi sapori’, erano state invece giudicate da un altro collegio. Altrettanto era accaduto per Gianluigi Sarcone, uno dei quattro fratelli della famiglia che guidava la cosca nella nostra provincia.
Anche in Appello a Bologna è stata riconosciuta l’accusa di associazione mafiosa a tutti i 34 imputati che erano stati condannati in primo grado.
Le difese, anche durante il secondo grado di giudizio, avevano cercato di smontare il 416 bis e avevano contestato la credibilità dei collaboratori di giustizia.
Durante le requisitorie, la Procura generale di Bologna - formata dai procuratori Luciana Cicerchia, Lucia Musti e Valter Giovannini - aveva chiesto un totale di 1092 anni di carcere per 117 imputati e una sola richiesta di assoluzione, accolta dalla Corte. Il processo ‘Aemilia’, celebrato a Reggio con rito ordinario, si era a un certo punto biforcato: un gruppo di imputati è stato infatti giudicato anche con l’abbreviato per reati commessi durante il periodo di detenzione seguita alla maxiretata del 29 gennaio 2015, quando la cosca di ‘ndrangheta ha continuato a operare riorganizzandosi da dietro le sbarre. Tra i verdetti più pesanti, frutto del cumulo delle due sentenze, quelli emessi per Gaetano Blasco (22 anni e 11 mesi), Michele Bolognino (21 anni e 3 mesi), i fratelli Palmo (17 anni e 4 mesi) e Giuseppe (16 anni e 4 mesi) Vertinelli, i fratelli Alfredo (17 anni) e Francesco Amato (16 anni e 9 mesi), quest’ultimo autore del sequestro con ostaggi alle Poste di Pieve, avvenuto pochi giorni dopo la sentenza ‘Aemilia’ di primo grado.
Giudicati con il solo rito ordinario, spiccano anche la latitante tunisina Karima Baachaoui, mai rintracciata dal giorno della maxioperazione (17 anni e 7 mesi) e Carmine Belfiore (16 anni e 6 mesi). Assai variegata l’estrazione degli imputati, che hanno incluso anche imprenditori reggiani, professionisti - i classici ‘colletti bianchi’ - e forze dell’ordine, con il coinvolgimento anche di esponenti politici e del mondo dell’informazione. "Il vero salto di qualità - avevano scritto i giudici della Corte d’Appello nelle motivazioni della sentenza - è la capacità d’infiltrazione nella economia emiliana grazie al necessario apporto da parte dell’imprenditoria legata al sodalizio mafioso"