Terremoto balneare

Ravenna, 24 luglio 2016 - La sentenza della Corte europea sulle concessioni demaniali era ampiamente attesa: le concessioni per gli stabilimenti balneari non possono essere prorogate in automatico, e devono quindi essere messe all’asta. Non succederà subito (il governo ha pronta una norma-ponte), ma succederà. Si tratta di un potenziale terremoto, o meglio maremoto, per un settore legato all’imprenditoria familiare: le reazioni sconsolate di diversi imprenditori ravennati parlano da sé.

Sintesi estrema per i non addetti ai lavori: le spiagge - salvo qualche raro caso - non sono di proprietà dei ‘bagnini’, ma dello Stato. Le imprese balneari le gestiscono in concessione, pagando un canone (spesso non altissimo, a dire il vero). La direttiva europea che porta il nome di Frits Bolkestein riguarda i servizi nel mercato comune, ed è stata applicata anche allo sfruttamento economico del demanio marittimo: nei fatti, le norme prevedono che le concessioni vengano messe a bando, con la possibilità che partecipino operatori europei. Insomma, il rischio che alcuni dei nostri imprenditori balneari perdano i ‘loro’ tratti di spiaggia (comprese le strutture che vi hanno costruito) è concreto. Bocciato definitivamente il sistema delle proroghe, ora serve una soluzione equilibrata, che tuteli la spiaggia come bene pubblico, ma che salvi un modello di offerta turistica che funziona da decenni e dà lavoro ad alcune decine di migliaia di persone, tra cui parecchie centinaia in provincia di Ravenna.