Ravenna, 25 ottobre 2015 - Un 45enne maresciallo capo dei carabinieri addetto alla Stazione di Bagnacavallo è stato condannato a un anno e mezzo di carcere perché riconosciuto colpevole di violenza privata e lesioni aggravate nei confronti della compagna, una 36enne di Bizzuno di Lugo per la quale il giudice Milena Zavatti ha peraltro disposto la trasmissione degli atti alla procura per valutare la falsa testimonianza in merito alla dichiarazioni con cui la signora nel corso del processo aveva tenacemente negato l’episodio.
Per il militare, da tempo in convalescenza per una ferita rimediata in servizio, il pm Daniele Barberini aveva chiesto 3 anni e mezzo di carcere e l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. L’imputato era accusato di avere trascinato il 19 agosto 2012 la donna nella propria vettura, sotto gli occhi degli amici di lei, per un chiarimento alimentato dalla gelosia; di averla quindi portata in un parcheggio fuori città e di averla infine picchiata procurandole una frattura scomposta di una costola per una prognosi di 30 giorni.
La 36enne non aveva però mai fatto denuncia. Le insistenti voci di paese dopo qualche mese avevano ugualmente spinto i carabinieri del nucleo Investigativo di Ravenna ad aprire una verifica sul caso. In ragione della prognosi certificata, il fascicolo era stato incardinato d’ufficio. Nelle conseguenti indagini, erano stati rintracciati testimoni che avevano parlato di botte nel contesto di una relazione tumultuosa segnata da ripetuti tira e molla e la donna nel 2011 sarebbe stata anche chiusa nel bagno di un locale fino all’intervento di un cameriere.
Nonostante ciò la signora, che ancora convive col militare, in tribunale aveva negato tutto, spiegando anzi di essersi fatta male alla schiena da sola per via della rottura, al termine della discussione con il militare, di un tacco che – causa pure la fretta di raggiungere il posto di lavoro – l’aveva fatta cadere contro la portiera dell’auto.
Aveva inoltre aggiunto di avere detto alle colleghe che era stato il fidanzato solo perché voleva che lo odiassero: «Volevo fargliela pagare e così con le mie amiche lo accusai ingiustamente», aveva specificato prima di aggiungere che «il mio viso era gonfio per il pianto e non per i pugni e gli schiaffi che non ho mai preso».
I magistrati non le hanno tuttavia fin qui creduto. La difesa – avvocato Lorenzo Valgimigli – si è detta pronta a fare appello. Sulla questione, l’Arma ha già aperto un procedimento disciplinare.