ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Ravenna, ceffone al parco a un'anziana. Condannata la badante

Maltrattamenti aggravati, un anno e quattro mesi a una 37enne

Anche i vicini avevano sentito la badante urlare contro l’anziana (foto di repertorio)

Ravenna, 4 settembre 2018 - Due ragazze, una italiana e l’altra di origine straniera, l’avevano vista in un parco cittadino piazzare un ceffone a quella signora in sedia a rotelle all’epoca 78enne. E invece di lasciar perdere e tirare diritto, le due avevano chiamato i carabinieri decidendo poi di seguire la donna praticamente fin sotto casa per poterla così riconoscere all’arrivo della pattuglia come colei che aveva alzato le mani sull’anziana indifesa.

Solo l’inizio, datato aprile 2014, di un’indagine per maltrattamenti fisici e psicologici aggravati (dall’abuso delle relazioni domestiche e dalla minorata difesa) che ieri mattina davanti al giudice Beatrice Bernabei è costata una condanna a un anno e quattro mesi di carcere (con pena sospesa) a una badante romena di 37 anni finora incensurata (il viceprocuratore onorario Katia Ravaioli aveva chiesto un paio di mesi in più).

Secondo quanto delineato dall’accusa, i vicini avevano sentito la badante urlare contro quella signora che accudiva. I figli della 78enne inoltre avevano pure pensato di piazzare una telecamera per capire esattamente cosa stesse accadendo in quella casa quando nessuno vedeva. Ma in ragione dell’apertura dell’indagine, aveva deciso di licenziare in tronco la romena: quest’ultima, non essendosi mai presentata in tribunale, non ha mai fornito una propria versione dell’accaduto.

Tuttavia, secondo l’arringa difensiva (avvocato Katia Delle Tasse), l’imputata non aveva mai maltrattato la sua assistita. Quest’ultima – ha continuato la difesa – quando era stata sentita nell’agosto di quell’anno dagli inquirenti, aveva inizialmente negato di avere preso botte, salvo poi dire che era accaduto in un’occasione e rettificare ancora precisando che era successo tre o quattro volte: mutamenti che avrebbero potuto anche trarre origine dalla condizioni di disagio personale dell’anziana; la badante in questione – ha continuato la difesa – era del resto conosciuta come persona dolce e disponibile.

L’intensità dell’incarico – per 4 anni 24 ore al giorno 7 giorni su 7 –, potrebbe averla sì sottoposta a stress spingendola ad alzare la voce: ma per il suo legale, le urla sentite dai vicini altro non erano che rimproveri legati ai pasti. Mentre per quanto riguarda le due testimoni del parco, avevano visto la scena da lontano (oltre venti metri) tanto da avere riferito una che lo schiaffo aveva raggiunto il collo e l’altro un braccio. Per la difesa insomma l’anziana non sarebbe mai stata malmenata tanto che il figlio, dopo preciso controllo sollecitato dai carabinieri, non aveva trovato lividi o altri segni. E per quanto riguarda la volontà di piazzare telecamere nascoste, non sarebbe nata da sospetti diretti ma da voci di altri.

Una ricostruzione che tuttavia non sembra avere convinto il giudice. A questo punto, una volta depositate le motivazioni, appare dunque scontato il ricorso in appello.