Ravenna, 25 agosto 2023 – In quel periodo si trovava ai domiciliari per via di abusi sessuali compiuti sulla fidanzatina 14enne del figlio. E di sabato mattina, quando la moglie era via, approfittava della figlia a casa da scuola. Violenze sessuali andate avanti per più di quattro anni da quando la piccola ne aveva 11.
E che sono costate a un ultra-cinquantenne ravennate, la custodia cautelare in carcere emessa dal gip Janos Barlotti su richiesta del pm Stefano Stargiotti alle luce del materiale raccolto dalla polizia. Il diretto interessato ne è venuto a conoscenza dal carcere di Forlì nel quale si trova per scontare una condanna definitiva a 9 anni di reclusione proprio per via della precedente vicenda.
Ieri mattina l’uomo, difeso dall’avvocato Marco Gramiacci, nell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere: ma in spontanee dichiarazioni davanti al gip, con voce rotta dalla commozione ha in buona sostanza ammesso i fatti anticipando che parlerà davanti al pm e assicurando di non volere causare ulteriori danni alla sua famiglia. Al termine, la difesa ha chiesto che non gli venga applicata nessuna misura dato che la sua condizione di carcerato, rende comunque nullo il pericolo di reiterazione del reato. Il giudice si è riservato la decisione.
La vicenda, come sintetizzato nell’ordinanza cautelare, era emersa da una segnalazione della psicoterapeuta alla quale ad anni di distanza la ragazzina si era rivolta per superare il trauma. Gli inquirenti dell’apposita sezione della squadra Mobile avevano poi sentito la giovane con l’ausilio di una specialista: ed erano in effetti emersi gli abusi subiti dal padre. In particolare l’uomo, dopo un breve periodo di custodia cautelare in carcere per il caso della fidanzatina del figlio, aveva ottenuto i domiciliari. E da subito aveva iniziato a rivolgere apprezzamenti alla figlia la quale ai suoi occhi stava facendo "il corpo da donna".
Nel breve aveva alzato il tiro cominciando ad allungare le mani. Poi erano iniziati gli abusi: almeno finché la precedente vicenda non lo aveva nuovamente proiettato in carcere. Le violenze accadevano ogni settimana. E poco importa che la figlia gli rinfacciasse che "faceva schifo": lui ammetteva di essere un "padre pessimo" e prometteva di non rifarlo più: ma poi ci ricascava peraltro minacciando il suicidio nel caso una denuncia lo avesse fatto tornare in cella.
Così la ragazzina per lunghissimi anni - ha annotato il giudice - era rimasta in balìa di un logorante conflitto tra il bisogno di condividere quanto le accadeva e la paura di non essere creduta o addirittura di essere allontanata da casa.
In tutto questo , a lei non era stata rivelata la ragione per la quale il padre si trovasse ai domiciliari. Del resto in quel momento un po’ tutti - a partire dalla moglie di lui - erano convinti della sua innocenza nel caso della fidanzatina del figlio. Poi un giorno parlando con la zia, aveva saputo tutto: "una botta fortissima" - così l’aveva descritta - che però le aveva fatto capire di vivere una situazione simile a quella dell’altra giovane. Il primo a raccogliere le sue confidenze, era stato il fratello. E il padre aveva promesso, di nuovo invano, di smetterla paventando il suicidio se denunciato. L’anno scorso finalmente la ragazzina aveva deciso di confidarsi pure con la madre la quale aveva potuto così aprire gli occhi: e se prima era convinta dell’innocenza del consorte, ora era precipitata in uno stato di choc. Tanto che era andata in carcere dall’uomo: e lui, in lacrime, era crollato ammettendo tutto.