
I soldi per le vestizioni dei defunti diventavano "bombardini", elargiti dai titolari di onoranze funebri del territorio per rinforzare lo stipendio degli operatori addetti alle camere mortuarie di Faenza e Lugo, che da regolamento non se ne dovevano occupare. Gli extra finivano in una cassa comune che, per quel che riguarda la camera mortuaria manfreda, nelle telefonate intercettate dai carabinieri del nucleo investigativo di Ravenna, veniva indicata come una "custodia degli occhiali" contenuta in un cassetto della scrivania degli uffici. Linguaggio in codice, annotato nero su bianco nell’ordinanza emessa dal Gip Andrea Galanti su richiesta del Pm Daniele Barberini, che all’alba di venerdì ha portato alla custodia cautelare in carcere del 64enne operatore addetto alla camera mortuaria di Faenza, Riccardo Pirazzini, e ai domiciliari per altri quattro tecnici sanitari addetti alle camere mortuarie di Faenza e Lugo – Davide Gulminelli, Davia Turchi, Raffaella Leoni, Piera Marani – e per l’impresario di pompe funebri 57enne Bruno Donigaglia. Per altri dieci titolari di onoranze funebri sono scattate interdizioni all’attività professionale per periodi compresi tra 10 mesi e un anno. Gli interrogatori di garanzia per tutti e sedici cominceranno a inizio settimana.
L’esistenza di quella che secondo l’accusa era una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e ad accaparrarsi i funerali di pazienti defunti emerge per la prima volta in una telefonata dell’1 febbraio 2020 quando Turchi chiama Pirazzini e gli chiede di passare in obitorio a Faenza perché "devo darti qualcosa, poco ma qualcosa c’è!". C’è poi un confronto tra i due sugli obitori di Faenza e Lugo e sull’eventuale collocazione di telecamere nascoste. A questo proposito Turchi, parlando di Lugo sostiene che "in un posto dove non c’è controllo è più semplice mettere su delle cimici, delle telecamere se ci pensi! Qui c’hai il cane addosso! Qui ti controllano!". A lei Pirazzini replicava che "le mettono più facilmente in un posto che sono abbandonati a se stessi!". I due, insomma, sono consapevoli della condotta illecita messa in atto e pensano a come portare avanti i loro “affari” senza essere scoperti. Il giorno successivo, il 2 febbraio 2020, in una nuova telefonata tra Pirazzinie Turchi il primo parla di "due bombardini" legati a un titolare di onoranze funebri e chiede dove metterli. Ancora di "bombardini" si parla in una telefonata tra Pirazzini e Leoni del 13 febbraio in cui il 64enne addetto alla camera mortuaria di Faenza dice: "Ecco che arriva “Vito Catozzo“ (riferendosi all’impresario Capozzi, ndr) mo vediamo...ah sta bo...sta andando attorno al portafoglio...si vede attraverso..attraverso il vetro...sono dei bombardini". In altre telefonate gli operatori fanno i conti delle vestizioni effettuate e dei soldi incassati.
Nelle intercettazioni, poi, emerge l’esistenza di una vera e propria ”cassa comune“ per entrambe le camere mortuarie di Faenza e Lugo. Per quanto riguarda quest’ultima in una telefonata di marzo tra Gulminelli e Marani il primo dice: "Guarda nel tuo scatolone là! C’è capretto no!", in un’altra "nello scatolone domattina siamo io e te!". Si parla di spartizioni di soldi anche alla camera mortuaria di Faenza dove la “cassa comune” è individuata in una "custodia degli occhiali" nel cassetto della scrivania dell’ufficio. Ci sono poi le vestizioni non pagate che Pirazzini in una telefonata definisce "bambini che piangono".
È sempre il 64enne addetto alla camera mortuaria di Faenza a parlare esplicitamente di preparazione dei defunti. In particolare, in una telefonata con un operatore di pompe funebri dice: "Senti, senti, dal tuo amico i baffetti se bisogna tagliarglieli o meno perché ha un baffetto stile Hitler hai presente?" e ancora "sono nel mezzo della bocca quindi, se sono da tagliare me lo dici!".
Corposa, infine, la mole di intercettazioni in cui gli operatori addetti delle camere mortuarie di Faenza e Lugo fanno riferimento alle agenzie di pompe funebri ostili: la Zama, con il titolare Ivano Ghirardelli dalla cui segnalazione ha preso le mosse l’inchiesta che vede 37 indagati, e la municipalizzata Aser. Agenzie che non godevano dello stesso trattamento di favore delle altre imprese del sodalizio. Nelle conversazioni, che riguardano un impresario di pompe funebri prima uscito e poi rientrato nel giro, emerge in particolare che gli addetti delle camere mortuarie di Faenza e Lugo ostacolavano anche il lavoro di chi non sottostava alle loro regole. Pirazzini, in particolare, dice in un momento in cui l’impresario si mostra ostile: "Comunque da adesso in avanti consideriamo sempre come come Zama, come Aser..." e ancora "gli ho detto che non faccia casino(...), però cominciamo a esporre il morto senza orario, cominciamo...cominciamo a fare quello che si faceva una volta quando faceva il c...ne".
m.m.