Sta per partire all’ospedale Spallanzani di Roma la prima campagna vaccinale italiana contro la dengue, malattia associata al virus omonimo, trasmesso soprattutto dalle zanzare, che nelle forme più acute può causare gravi febbri emorragiche. Per l’immunizzazione occorreranno due dosi: potrà sottoporvisi chi abbia più di 4 anni. Virus riemerso prepotentemente nel Novecento nel Sud-est asiatico, la dengue nelle ultime settimane ha fatto parlare di sè per la forte epidemia in corso in Brasile, paese che con l’Italia ha intensi scambi commerciali, culturali e familiari: per questo l’attenzione è alta, più di quanto accadde anni fa quando il virus fu portato in Romagna da singoli viaggiatori provenienti dall’Indonesia.
"Ad oggi però la vaccinazione è possibile solo allo Spallanzani di Roma", fa notare la direttrice del dipartimento Sanità pubblica dell’Ausl Romagna Raffaella Angelini.
Direttrice, quando sarà possibile vaccinarsi anche a Ravenna?
"Per il momento la vaccinazione contro la dengue non rientra nei cosiddetti livelli essenziali di assistenza indicati a livello nazionale. Non appena arriverà il via libera con il quale il Ministero della Sanità renderà possibile la vaccinazione anche l’Ausl Romagna si attiverà per acquistare le dosi necessarie: di quel vaccino per ora esiste un unico produttore".
Nel caso il Ministero opti per il via libera alla somministrazione, quale tipo di campagna vaccinale sarà messa in campo?
"Sarà presumibilmente rivolta a soggetti che stanno per recarsi in parti del mondo in cui è in corso un’epidemia, o nelle quali la dengue è molto diffusa. Non si dovrebbe insomma trattare di una campagna capillare volta a creare immunità di gregge".
Altri vaccini sono attesi ormai da alcuni anni, ad esempio quello contro il morbo di Lyme, trasmesso dalle zecche e pericoloso per le articolazioni. Arriveranno novità a breve?
"Quello contro il morbo di Lyme è uno dei vaccini su cui riponiamo le maggiori speranze. Altrettanto atteso è quello contro la malaria, patologia che nel mondo continua a uccidere gli esseri umani al ritmo di mezzo milione l’anno (600mila i deceduti nel 2023, ndr). Quella, non appena prenderà il via, avrà probabilmente le caratteristiche di una vaccinazione di massa, con l’obiettivo di raggiungere tutti i soggetti che potrebbero contrarre la malattia".
Il vaccino contro l’Hiv continua invece ad essere una chimera? "Su quel fronte la ricerca deve fare ancora molti passi avanti. Non so se arriveremo mai ad un vaccino".
La campagna vaccinale contro il Covid ha raggiunto pressoché tutta la popolazione. Le altre campagne attualmente in corso come stanno procedendo?
"La situazione è piuttosto sfaccettata: la campagna contro l’herpes zoster – il virus che provoca il cosiddetto Fuoco di Sant’Antonio – ha avuto un’ottima risposta: basti pensare che nel 2023 sono stati 2600 in Romagna i cittadini diventati 65enni che si sono sottoposti alla somministrazione. Decisamente più deludenti i numeri per quanto riguarda il morbillo, malattia che infatti vede i contagi in aumento".
Il che appare incredibile: anni fa il morbillo era, insieme alla polio, il maggiore candidato per l’eradicazione fra gli esseri umani, come accaduto per il vaiolo. Cosa è andato storto?
"Molte persone pensano che sia una malattia che attacca solo i bambini, ma non è così. Oggi abbiamo una popolazione anziana che è al riparo dal virus per averlo contratto in giovane età, un gruppo di giovanissimi che si è sottoposto alla vaccinazione quando questa è ridiventata obbligatoria, e una fascia intermedia che invece è a rischio. A loro soprattutto è rivolta la campagna di vaccinazione: nel 2023 abbiamo inviato migliaia di sms ma solo in 817 hanno scelto di vaccinarsi. L’eradicazione del morbillo è lontana, e a farne la spese sono quei soggetti fragili che non possono vaccinarsi".
Filippo Donati