Quando a 18 anni si emigra dal Sud "dove non c’era lavoro..."e ci si ritrova al Nord, diciamo a Ravenna, entrambi agenti di polizia, quando ancora il poliziotto era un militare e il ruolo si viveva come missione, e da allora l’uno è stato l’ombra dell’altro, con la paura di essere nel mirino delle Brigate Rosse perché entrambi erano la scorta di Zaccagnini, beh allora è comprensibile che quando uno dei due, Donato Trinchera, viene a mancare perché non è riuscito a vincere la battaglia contro la leucemia, l’altro, Damiano Sciusco (da sempre, nel tempo libero, allenatore di calcio dei bambini a Borgo Montone), ne voglia raccontare la storia per ricordare l’amico di 40 anni di vita, nel tentativo anche di avviare una elaborazione del lutto. E, a tre mesi dalla morte e a due anni dalla scoperta della malattia, la racconta a chi entrambi conobbe fin da subito, era la fine degli anni 70. Dei due, il primo ad arrivare a Ravenna fu Damiano, nel ‘78. Veniva da Foggia ed aveva 19 anni; l’anno successivo arrivò Donato, di nove mesi più giovane, da Copertino, in provincia di Lecce.
Tempi duri, quelli, tempi anche di terrorismo. "Avevamo dalla nostra l’entusiasmo della giovinezza, ma eravamo ben consci dei rischi. Io e Donato fummo subito impiegati nei servizi di scorta a Benigno Zaccagnini che all’epoca era segretario nazionale della Dc. Le Brigate Rosse avevano da poco sequestrato e ucciso Moro, ‘Zac’ era stato strenuo sostenitore della linea dura e il rischio che le Brigate Rosse colpissero anche lui era reale! All’epoca fare la scorta significava vigilare in auto sotto casa sua, in via di Roma, un servizio di otto ore consecutive, stargli vicino quando era a piedi, seguirlo con la vettura di istituto quando si muoveva in provincia. Quante volte siamo andati a Sant’Apollinare, sopra a Casola Valsenio dove aveva una casa...!"
Poi passaste entrambi alle ‘Volanti’. "Diciamo alla ‘Volante’, ce n’era una sola, si facevano turni spezzati, di tre ore. Abbiamo avuto tutto il tempo per approfondire la nostra amicizia, conoscerci, sapere l’uno della vita privata dell’altro. Poi verso il 1983, dopo la riforma che ci smilitarizzò, le nostre strade lavorative si divisero..".
"Nel senso? "Io rimasi al servizio Volanti, lui passò alla Squadra Mobile, lui aveva proprio il ‘fiuto’ del poliziotto; c’era Antonio Maiorano come capo della Mobile, una squadra con Di Molfetta, Tommasino, Vallone, Magnani...Che tempi! Comunque c’era ben modo di incontrarci perché quasi ogni settimana c’era una rapina in banca, allora i rapinatori usavano pistole e mitra, sparavano: ci si ritrovava sul posto io sulla ‘Volante’ lui come ‘Mobile’ per l’avvio delle indagini! Io poi lo incontravo lungo il Molinetto alle 7 del mattino!"
Cosa vuoi dire? "Che, smontato dal servizio notturno, prima di rincasare andavo ad aspettarlo in via Canale Molinetto, lui veniva da Punta Marina dove abitava, si era sposato.. era in ciclomotore, il Ciao rosso, anche in inverno, col gelo, la nebbia...".
Intanto proseguiva la vostra carriera... "Io passai alla Squadra di Polizia Giudiziaria, interna alla Questura, la nostra stanza era vicino a quella della Mobile, eravamo ancora in piazza del Popolo...poi nel 1993 Donato lasciò la Mobile e passò alla sezione di polizia giudiziaria nel frattempo istituite presso la Procura, lavorava con il pm Chiapponi mentre io andai a far parte dell’ufficio ‘corpi di reato’. Ricordo la prima distruzione di grandi quantità di droga eravamo io e il procuratore Ricciuti, all’inceneritore di Forlì! Poi anch’io passai alla sezione di pg per i pm Iacoviello, Indirli e Stargiotti. Donato intanto aveva avuto due figli, Mattia e Alessia, nel tempo libero le nostre famiglie erano sempre assieme".
Come scoprì la leucemia? "Un piccolo passo indietro. Io nel 2014 sono andato in pensione, lui, che nel frattempo aveva ricevuto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica, nel 2018. Entrambi eravamo donatori di sangue: e fu a una donazione di fine 2022 che alle analisi risultarono valori sospetti. Il 29 dicembre i medici dell’ospedale di Ravenna gli comunicarono che si trattava di leucemia; per non rovinarmi il Capodanno mi chiamò il 3 gennaio, lo incontrai e mi mise al corrente. Ma mi fece anche promettere: ‘Niente tristezza, tu devi continuare a fare il giullare come sempre! I medici hanno un piano d’attacco’. Si trattava di cercare un donatore di midollo. Da allora in ogni momento in cui c’era bisogno, io ero con lui".
Furono organizzati una postazione e un evento in piazza del Popolo... "Sì, ‘Match4Donato/Match4All’; a organizzare la cosa furono Cristina, la seconda moglie sposata nel 2010, la figlia Alessia, che lavora all’hospice di Borgo Montone e una sua collega, Alessandra. Si presentarono 130 donatori, ma nessuno era compatibile con Donato. Solo il figlio Mattia lo era e a giugno all’ospedale di Ancona ci fu la trasfusione. Agli esami del 24 luglio 2023 tutto sembrava ok, a ottobre saltarono fuori nuove ombre, grandi trasfusioni per mesi, le condizioni si stabilizzarono tanto che il 17 luglio del 2024 a un’ulteriore visita ad Ancona il responso fu positivo".
Insomma, c’erano speranze concrete... "Sì e invece la situazione stava per precipitare. E tre mesi fa, Il 25 settembre, Donato mi chiamò al telefono. Non era la solita telefonata...’Vieni dobbiamo parlare, i problemi li dobbiamo risolvere sempre noi...’ Capii subito, corsi in ospedale, mi disse che non c’era più niente da fare e mi disse anche che non voleva vedermi stare male, non voleva vedermi piangere. Dall’ospedale fu portato all’hospice; la mattina del 3 ottobre scorso ha chiuso gli occhi per sempre. Vorrei dirgli grazie per tutto quanto mi ha dato. Io ho cercato sempre di seguire il mio motto...Ama il prossimo tuo più di te stesso...".
Carlo Raggi