Una vita per l’archeologia

È morta a 81 anni Valeria Righini, fu docente universitaria e ispettrice alle Antichità

Una vita per l’archeologia

Una vita per l’archeologia

Docente universitaria, una vita dedicata allo studio delle vestigia del passato, quello romano in particolare, ispettrice onoraria alle Antichità, per oltre mezzo secolo portabandiera del progetto per il museo archeologico di Faenza (purtroppo mai nato): ecco in estremissima sintesi la figura di Valeria Righini, morta ieri notte all’ospedale di Faenza dove era stata trasferita domenica scorsa da Ischia dove, trovandosi in vacanza, era stata colta da malore qualche settimana fa. Avrebbe compiuto 82 anni il primo agosto prossimo. I funerali si svolgeranno sabato alle 9.30 alla chiesa dei Cappuccini. Valeria Righini apparteneva a quel gruppo di persone (un tempo, erano gli anni Sessanta, ben nutrito a Faenza) che ritenevano fondamentale per la crescita culturale dei cittadini la ricerca delle tracce del passato e la loro esposizione sul territorio. Il suo fronte di interesse era molto vasto, ma in particolare si concentrava sulla storia e l’archeologia relative alle età repubblicana e imperiale di Roma, ovvero dal 500 avanti Cristo alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente e il passaggio a Bisanzio, in linea con il proprio percorso universitario che l’aveva portata alla docenza alla cattedra di Storia Romana.

Fu in quel periodo che conobbe Giancarlo Susini, un’autorità in Italia e all’estero in materia di storia romana e ne nacque un sodalizio culturale che portò più volte Susini a Faenza per incontri e convegni. Conscia dell’importanza, di cui si diceva, della ricerca, dello studio, della conservazione del patrimonio storico architettonico e archeologico, Righini fu fra i primi soci della neonata associazione faentina di Italia Nostra; era il 1963 e già allora era assiduamente operativa negli scavi archeologici che soprattutto nel centro storico di Faenza proliferavano per via dei numerosi cantieri edilizi all’epoca in corso, fianco a fianco con la compianta Paola Monti, all’epoca Ispettrice onoraria alle Antichità, ruolo che Valeria ‘ereditò’ alla sua morte. A buona ragione quel periodo storico fra gli anni Sessanta e Ottanta è considerato il più proficuo per l’archeologia faentina e ciò grazie all’impegno di Righini e alla prosecuzione del lavoro avviato da Paola Monti. Tanto che a fine 1977 il professor Andrea Emiliani, presidente dell’allora Istituto dei Beni artistici e culturali della Regione chiese a Valeria Righini di predisporre uno studio e il progetto per il previsto (allora) museo archeologico a palazzo Mazzolani. L’iniziativa prendeva avvio dal richiesto finanziamento di 286 milioni di lire avanzato dal Comune di Faenza alla Regione proprio per realizzare il museo.

Ne nacque un importante volume, che ancora oggi è importante fonte di informazioni archeologiche, cui Righini aveva affidato quello che per lei è sempre stato un sogno (mai realizzato per incredibili voltafaccia e insipienze politiche protrattesi fino all’alba nel nuovo secolo) per il quale anche qualche tempo fa, attraverso il Carlino, si era battuta (ultimo suo intervento, pochi mesi fa in occasione del ritrovamento di resti del probabile ponte romano nell’alveo del Lamone in Borgo). La notizia della sua scomparsa si è diffusa rapidamente non solo nei circuiti culturali faentini (Righini era da anni anche vice presidente della Società Torricelliana), ma in tutta la Romagna, avendo cariche e ruoli anche in società culturali dell’intero territorio.

Carlo Raggi