ROBERTA BEZZI
Cronaca

"Una grande gioia debuttare con il barocco"

Chiara Muti presenta il ’Giulio Cesare’, che venerdì inaugurerà al teatro Alighieri la stagione d’opera: "Vi racconto come sarà"

Chiara Muti presenta il ’Giulio Cesare’, che venerdì inaugurerà al teatro Alighieri la stagione d’opera: "Vi racconto come sarà"

Chiara Muti presenta il ’Giulio Cesare’, che venerdì inaugurerà al teatro Alighieri la stagione d’opera: "Vi racconto come sarà"

Porta la firma di Chiara Muti la regia del nuovo ‘Giulio Cesare’ di Händel che apre la ‘Stagione d’opera’ del teatro Alighieri di Ravenna, venerdì alle 20.30, con replica domenica 19 alle 15.30 (biglietti da 15 a 45 euro, info 0544- 249244). Per l’occasione ha voluto uno spazio metafisico, le cui tinte ricordano l’oro delle sabbie e dei metalli preziosi d’Egitto e degli enigmatici volti delle maschere dei faraoni. Sul fronte musicale lo spettacolo, che sarà poi in tour fino a marzo in numerosi teatri italiani, è diretto da Ottavio Dantone di Accademia Bizantina con cui la collaborazione è iniziata prima con il ‘Tamerlano’ nel 2023 e poi con la ‘Trilogia d’autunno 2024’. Il cast vede artisti d’eccezione, quali Raffaele Pe (nel ruolo di Giulio Cesare), tra i controtenori più acclamati in questi anni, Marie Lys nei panni di Cleopatra, Delhine Galou in quelli della moglie di Pompeo, Cornelia, mentre Filippo Mineccia è Tolomeo, fratello e rivale di Cleopatra per il trono d’Egitto. Le scene sono realizzate da Alessandro Camera, i costumi da Tommaso Lagattolla, le luci di Vincent Longuemare.

Chiara Muti, qual è stato l’aspetto più entusiasmante di questo nuovo lavoro? "Debuttare con il barocco che adoro come repertorio. Sono felice di farlo proprio a Ravenna, con lo stimato Dantone con cui condivido la visione, e potendo contare su un cast di grandi artisti già in parte conosciuti".

E, invece, la parte più difficile? "L’opera barocca ha ben poco in comune con il genio politico e militare di Cesare. Alquanto complesso è stato gestire la struttura dell’opera col recitativo, avendo arie continue con da capo che si susseguono come una sorta di recital, senza quasi mai duetti e terzetti. Ciò porta a bloccare il racconto, per cui è stato necessario trovare il modo di dare fluidità al lavoro, far sì che a ogni trovata musicale corrispondesse un’evidenza scenica".

È corretto dire che grazie al genio musicale di Händel, lei abbia affidato con fiducia alla musica il senso profondo della sua visione registica? "Sì. Lui è un poeta, toccante e trascinante, commovente ed elettrizzante. Grazie all’intensità delle sue linee vocali e al dinamismo cromatico orchestrale, riscatta la staticità dell’azione e arricchisce di senso i caratteri. Scavando nella materia umana, e svelandone la complessità di contrasti, ci offre momenti di tale tensione emotiva da farci dire che raggiunse, con la musica, le vette che Shakespeare toccò con la parola".

La regia, avvalorata dalla melodia, si piega dunque alla dimensione simbolico-evocativa… "La scena si apre su uno spazio metafisico in cui spiccano otto massi, tanti quanti sono i personaggi che si muovono come pezzi di un mosaico. Tutti sono chiamati alla vita dal destino, in una sorta di gioco che coinvolge anche il pubblico. Tra di loro spicca un predestinato, Giulio Cesare, destinato a vincere la morte, perché le sue gesta sono diventate storia. Fondamentale è anche la figura di Cleopatra che è stata proposta senza ‘tradirla’, come tutti siamo abituati a immaginarla".

Si può dire che lei sia cresciuta in teatro: qual è il suo primo ricordo? "Le prime volte da bambina sono state nei camerini dove mi divertivo a disegnare. Ma già a 8 anni, al teatro alla Scala di Milano, ho avuto la fortuna di ascoltare in platea ‘Le Nozze di Figaro’ di Giorgio Strehler in coppia con mio padre (ndr, Riccardo Muti). Ed è stato amore a prima vista. Non potrò mai scordare il lavoro spalla a spalla tra regista e direttore d’orchestra per trovare un’armonia comune tra palco e buca. Quell’elettrizzante quanto privilegiata esperienza mi ha dato anche la vocazione legandomi per sempre al teatro".

Quale consiglio di suo padre si è rivelato particolarmente prezioso? "Da uomo di poche parole qual è non me ne hai mai dati. I suoi consigli gli ho assimilati più che ascoltati, guardandolo lavorare. Ancora oggi, a oltre 80 anni, passa le giornate a studiare per ore e ore come se fosse la prima volta. Non c’è miglior esempio di sacrificio e senso di dedizione verso il proprio lavoro".

Roberta Bezzi