Un romanzo a Ravenna tra realtà e finzione

’Le rose blu’ è il libro d’esordio della 24enne Martina Perin: "Ho fatto molte ricerche sulla mia città, in particolare su Palazzo Rasponi"

Un romanzo a  Ravenna tra realtà e finzione

Martina Perin è nata in Puglia. Si trasferì a Ravenna dopo una settimana di vita

Si intitola ‘Le rose blu’ il romanzo d’esordio della 24enne Martina Perin, nata in Puglia con cognome veneto, ma ravennate a tutti gli effetti visto che si è trasferita nell’ex capitale bizantina, con i genitori, dopo una settimana dalla sua nascita. Ed è qui che ha voluto ambientare la sua storia perché, a suo avviso, "se ne parla pochissimo in ambito narrativo, quando in realtà ci sarebbe tanto da dire".

Protagonista del libro è Tommaso De Lucia, giovane storico e archeologo in erba, che eredita dal nonno Armando la passione per tutto ciò che è misterioso ed enigmatico.

Com’è nato il suo rapporto con la scrittura?

"Ho iniziato a scrivere intorno ai 12 anni ma è da quando ne avevo 4 che mi piace inventare e raccontare storie. Prima di questo romanzo ho tentato con altre storie ma non mi sentivo mai soddisfatta del risultato".

Quando e come nasce l’idea del romanzo?

"In una mattina di febbraio del 2021. Avevo finito la sessione invernale di esami universitari e volevo semplicemente far vagare la mente. In preda a un raptus di curiosità, sono andata a cercare informazioni sulla storia di Ravenna e, all’improvviso, mi si è accesa la lampadina e ho iniziato a buttare giù il progetto". Quanto c’è di autobiografico e di storico nel romanzo?

"La versione finale è un complesso di particolari autobiografici, personaggi e luoghi realmente esistiti e fatti verosimilmente inventati. La porzione più grande della storia è composta dall’immaginazione ma alcuni dettagli sui protagonisti, come alcuni nomi o abitudini, e sul contesto sono legate alla mia vita e alle mie esperienze personali. Tuttavia non avrei mai potuto ambientare il romanzo in un determinato contesto senza inserire caratteri storici, legati a personalità dei Rasponi realmente esistite e a caratteristiche del paesaggio che, inevitabilmente, andavano riportate quasi fedelmente".

La famiglia Rasponi è molto nota in città: come si è documentata?

"Inizialmente ho scorrazzato per il web poi, man mano che la storia prendeva forma, avevo sempre più bisogno di dettagli e informazioni precise, come ad esempio il nome di una data strada in un determinato anno o la tipologia di fondamenta di un certo palazzo. Ho cercato queste informazioni in biblioteca e nelle librerie dell’usato e ho anche visitato più volte alcuni palazzi dei Rasponi per poterli descrivere meglio nelle varie scene. È stata una lunga ricerca ma mi sono divertita".

Cosa ha ispirato il gioiello Rasponi di cui parla nel romanzo?

"Premesso che è una mia completa invenzione perché avevo bisogno di un tesoro da far cercare al protagonista, ho tratto comunque spunto dallo storico stemma araldico della famiglia Rasponi. Le due branche di leone recise e disposte a croce di Sant’Andrea sono state, infatti, riportate nel romanzo e sulla copertina in veste di ornamento a un medaglione antico e andato disperso per secoli… una mia specifica fantasia che ho voluto mostrare anche ai lettori".

Roberta Bezzi