Ravenna, 12 settembre 2024 – Dal carcere, Enzo Giardi, 78 anni, rivive ogni istante quella tragica mattina del 9 settembre. Il rimorso lo tormenta, schiacciato dal peso di un errore irreversibile, un gesto che credeva dettato dall’amore ma che ora riconosce come errore fatale: “Ho rovinato la mia vita e quella dei miei figli”, dice con la voce spezzata dal pianto.
Un figlio vive a Ravenna, l’altra a Torino, e ora devono fare i conti con una tragedia che non avrebbero mai immaginato. “L’ho fatto per alleviarle la sofferenza”, ma il pentimento lo consuma. Le indagini dei carabinieri, coordinate dal Pm Marilù Gattelli, cercano di fare luce su quella mattina e sui pensieri che hanno condotto l’uomo a togliere la vita a Piera Ebe Bertini, sua moglie, di 77 anni, lasciandola affogare nella vasca, nella loro casa di via Lolli.
Piera era affetta da Alzheimer da una decina d’anni e, negli ultimi sei, la malattia aveva fatto peggiorare irrimediabilmente le sue condizioni: non parlava più e viveva immobilizzata su una sedia a rotelle. Ma Enzo, profondamente innamorato di lei, la curava con dedizione assoluta, quasi maniacale. Ogni mattina, come un rituale, la lavava, la vestiva, le preparava da mangiare, sminuzzando tutto con attenzione. La loro vita, una volta felice e condivisa, si era trasformata in una routine fatta di cure e sacrifici ed era scandita dai bisogni della donna.
Il 9 settembre, però, qualcosa è cambiato: Enzo si era svegliato come ogni mattina, ma quella volta con una speranza nuova: il giorno successivo, alle 14.30, Piera sarebbe stata trasferita nella struttura ’La rosa dei venti’. Era da tempo che aspettava quella chiamata: finalmente si era liberato un posto e lui aveva contattato il 118 per organizzare il trasporto. Ma quando, di ritorno dalla spesa, si è trovato di fronte la moglie, catatonica e che non riusciva nemmeno più a mettere in piedi, qualcosa in lui si è spezzato. “Era come se non fosse più lei”, ha confessato Giardi. La vista della moglie, come un guscio vuoto, priva di coscienza, lo ha travolto. Mille pensieri si sono accavallati nella sua mente: la paura di perderla, l’incertezza su come sarebbe stata curata in struttura, e soprattutto l’angoscia di vederla soffrire ancora. In pochi istanti, un pensiero estremo ha preso forma: il desiderio di alleviare la sofferenza della donna si è mescolato alla paura, alla sensazione di un fallimento, e forse anche a un senso di possesso. “Chi l’avrebbe curata come facevo io?”, si è chiesto.
Negli ultimi anni, i servizi sociali gli avevano mandato delle assistenti, ma Enzo non era mai rimasto soddisfatto: quelle donne cambiavano continuamente e nessuna sembrava trattare la moglie con l’amore e la dedizione che solo lui, credeva, poteva darle. Con il peggioramento delle condizioni di Piera, anche la vita sociale di Enzo si era ridotta a nulla.
Dal 2020 la moglie non usciva più di casa e lui aveva abbandonato qualsiasi forma di socializzazione. La sua esistenza ruotava attorno a lei, in un ciclo di cure continue e di isolamento sempre più profondo. Ora, Enzo è solo, devastato dal rimorso. Il suo gesto, nato da un estremo desiderio di protezione, ha finito per distruggere tutto. Quella mattina, Enzo deve avere agito in preda a sentimenti contrastanti: amore, paura e forse un eccesso di dedizione. Ha scelto di porre fine a una sofferenza che, nella sua mente, sembrava insopportabile. Quello che doveva essere un atto d’amore, si è trasformato in tragedia.