
Membro del direttivo della Fiab e cicloamatore, va nelle scuole a parlare dell’importanza di pedalare "A 12 anni in una bottega da meccanico trovai un telaio particolare: una Royal Enfield dell’esercito inglese".
A 12 anni trovò, in un mucchio di rottami, un’arrugginita bicicletta Royal Enfield dell’esercito inglese e la rimise a posto: fu la scintilla per una passione, ereditata dal nonno, che ha trasformato la sua casa in un museo di bici storiche utilizzate anche da campionissimi del passato e ha fatto di lui, Edoardo Giangiulio, non solo un attrezzato esperto su un fronte che si va sempre più ampliando, ma anche un virtuoso meccanico vintage. Membro del direttivo della Fiab Ravenna, la sua è una passione che va in parallelo con quella (sviluppata dopo un grave incidente stradale per la cui riabilitazione la bici è stata fondamentale) di instancabile ideatore e animatore di iniziative rivolte in primo luogo alle scuole e finalizzate a promuovere l’uso sicuro e culturale della bicicletta quale mezzo di trasporto e anche di cicloguida per turisti e appassionati.
Lei ha biciclette con cui hanno corso campioni dei tempi passati, ma come si trovano?
"Tanto per dirle ho ad esempio una Triumph del 1903, una Legnano del 1922, un’altra Legnano del 1927, una Bianchi degli anni Venti, tutte bici da corsa che, stando ai numeri di serie, si sa che erano nella disponibilità di campioni come Giovanni Brunero, classe 1895, uno dei pionieri del ciclismo italiano, di Alfredo Binda e altri. Sulla Triumph ha corso Joseph Fischer classe 1885, vincitore della prima Parigi- Roubaix. I campioni cambiavano spesso biciclette, quelle usate venivano ammucchiate da qualche parte... Ma non distrutte. Ecco perché si trovano, magari malridotte. La Triumph l’ho scovata in Gran Bretagna; ho imparato da ragazzo a metterle a posto".
Non sono però tutte da corsa le sue bici storiche!
"No, ci sono anche quelle da passeggio. Come la Bianchi S che fu di mio nonno. E poi ho intere collezioni di lumi, anteriori e posteriori, a petrolio o a carburo, e poi selle, manubri... Fra le rarità ho una bicicletta da corsa con i primi cambi, a stecca, ancorati alla forcella posteriore a destra e a sinistra... I bravi corridori riuscivano a cambiare senza scendere..."
Per lei però non c’è solo la bicicletta storica. C’è ben altro, mi sembra...
"C’è tanto altro: l’aspetto sportivo, che risale al passato, visto che da ragazzo correvo, c’è l’aspetto ambientale ed è per questo che sono nel direttivo della Fiab, Federazione italiana ambiente e bicicletta e che curo i rapporti con le scuole. E poi c’è l’aspetto organizzativo, con le tante iniziative culturali legate alla bicicletta, come ad esempio la Ciclostorica Dante 700 e la Divina, e infine il ruolo di guida per i turisti che vogliono visitare la Romagna andando in bicicletta lungo le ciclovie".
Come nasce tutto questo?
"Dal mio bisnonno, Salvatore, corridore dilettante, e da mio nonno, Edoardo, da cui ho preso il nome... Che a 18 anni, nel 1928, acquistò una Bianchi S pagandola una fortuna, 900 lire. Quando ero bambino, nei primi anni 70, ero spesso a casa loro, nel Riminese, e lui mi raccontava tante storie legate alle biciclette, come la partecipazione alle celebrazioni per il 600° anniversario della morte di Dante, era il 1921, con un gruppo di ciclisti con una particolare maglia rossa che ho poi fatto riprodurre..."
I suoi genitori non sono originari di Ravenna...
"La famiglia del babbo, Domenico, era abruzzese trasferitasi poi nel Riminese. La mamma, Maria, è di Rimini. Verso la fine degli anni 50, quando fu costruito l’Anic, vennero a Ravenna in cerca di lavoro. E lo trovò, non nel petrolchimico, ma come fornaio a San Michele, dove sono nato. Con tanti sacrifici il babbo è poi riuscito a mettere insieme una catena di panifici, in città".
Torniamo alle biciclette, diceva dei racconti del nonno...
"A 12 anni, in fondo a una vecchissima bottega da meccanico in via Renato Serra trovai un telaio particolare, con la corona composta da tre cannoni: era una Royal Enfield dell’esercito inglese, la rimisi a posto con un lavoro paziente... Andavo a scuola con quella, le medie poi ragioneria. Dopo di ché Minardi, che aveva il negozio in piazza Kennedy, il patron del Pedale Ravennate, mi diede una Colnago con la quale cominciai a correre, a 18 anni avevo già una collezione di una decina di bici storiche ed ero già un esperto restauratore... Una passione che misi poi un po’ da parte perché cominciai a tirare di scherma e sono anche diventato dirigente del Circolo ravennate della spada. Impegni che ho portato avanti fino al 2003, parallelamente al lavoro".
Quando è tornato l’interesse per le biciclette?
"Nel 2018 dopo un terribile incidente stradale, con gravi condizioni per il mio corpo, non vedevo futuro... Il mio medico mi consigliò di rimontare in sella alla bici, poco per volta. Arrivai fra mille dolori a Marina, riprovai e riprovai... Sono rinato e ho capito quanto possa dare la bicicletta alle persone, in termini di salute, di tutela dell’ambiente, di cultura... Ho ripreso il brevetto di istruttore di ciclismo su strada e fuoristrada e sono entrato nel direttivo della Fiab, la Federazione italiana ambiente e bicicletta, con il ruolo di referente per la scuola".
Obiettivo della Fiab è la promozione dell’uso della bicicletta stimolando anche le pubbliche amministrazioni...
"La finalità è di formare una cultura ecologica a cominciare dalla mobilità quotidiana fino allo sviluppo dell’escursionismo in bici quale forma di turismo. Tutto in forma volontaria. In questo senso, ad esempio, grazie al brevetto che ho, sono cicloguida per gruppi di turisti non solo negli ambienti naturali ravennati, valli, pinete, saline, attraverso le tante piste sicure, o sulla diga foranea sud, ma anche di altre aree romagnole o in Toscana dove si visitiamo, anche di sera, borghi storici, cantine etc. Molti itinerari li propongo io..."
Turisti italiani o stranieri? E con quali biciclette?
"Ci sono italiani, ma soprattutto stranieri americani, finlandesi, olandesi, belgi, dai 40 ai 70 anni. Come bici molte sono quelle elettriche..."
Diceva delle scuole...
"Organizzo lezioni sia per gli studenti, dai bambini ai ragazzi delle superiori, sia per i docenti di educazione fisica, in primo luogo per la sicurezza in strada, quindi conoscenza del codice della strada, poi per far conoscere il mezzo-bici e rendere facile il rimediare in autonomia ai guasti, cerco di far capire l’importanza del rapporto anche culturale fra territorio e uso della bicicletta, di conseguenza predispongo progetti per la mobilità sostenibile... E poi la storia, le bici che hanno fatto storia come quelle delle staffette partigiane..."
Ed è rimasta intatta la sua passione per le bici storiche...
"Anzi è cresciuta, a cominciare dall’organizzazione della ‘Ciclostorica Dante 700’, nel 2021, quale tappa del Giro d’Italia d’Epoca. Con il successo di quella prima edizione la nostra ciclostorica si è fatta conoscere in Italia ed è nata ‘La Divina’ che si ripresenta ogni anno, in questo 2025 sarà a ottobre. Non vince chi arriva primo, ma chi presenta il miglior equipaggiamento storico, nel senso di bicicletta, che deve essere costruita prima del 1987, e di abbigliamento".
Carlo Raggi