Cesena, 27 settembre 2024 – Il termine di paragone più volte evocato dagli abitanti di Traversara per dare una dimensione a quanto accaduto qui una settimana fa non sono le alluvioni di maggio, ma un evento ben più lontano nel tempo: “Questa casa era scampata alla Seconda guerra mondiale – confida Christian Perrone, nipote di due anziani salvati in extremis nel momento in cui è collassato l’argine del Lamone, a poche decine di metri da lì –. Lo so perché i miei nonni conservano ancora le foto dei carri armati posteggiati nel cortile retrostante: sono anche loro sommerse sotto i detriti piombati dentro casa”.
Là dentro, dal momento in cui i suoi nonni e gli inquilini del piano di sopra sono stati prelevati in elisoccorso, non sono più risuonati i passi di nessun essere umano, fatta eccezione per quelli di un vigile del fuoco che si è fugacemente affacciato. Come tanti vicini, anche Christian, precipitatosi qui da Londra, trascorre parte delle sue giornate in via Torri, contemplando quel che rimane della casa dei nonni, inagibile e circondata da un nastro bianco e rosso. “Siamo in attesa che i vigili del fuoco entrino per consentirci di salvare alcuni degli oggetti più importanti. In un secondo momento ci diranno se questa casa è fra quelle che devono essere abbattute”. Il responso sembra ineluttabile: il primo piano è in equilibrio miracoloso su un piano terra che non esiste più, letteralmente morso via dalla piena nel momento in cui le acque, dopo aver abbattuto la casa di fronte, si sono fatte largo a spallate fra gli edifici del quartiere.
“Forse i muri portanti sono in condizioni accettabili per poter rimanere in piedi, ma personalmente mi stupirei. Ci siamo praticamente già messi il cuore in pace. Come vedete l’acqua ha divorato anche molta della terra su cui poggiava la casa”.
La ricostruzione qui è ancora una chimera: “Prima occorre la sicurezza che il fiume non travolgerà di nuovo le case. Questo viene prima di tutto”. Poco lontano il padre di Christian, Claudio Perrone, ricompone i capitoli della sua miracolosa fuga dal gruppo di case a est di via Torri, quello che sorge di fianco all’argine. La sua abitazione porta ancora i segni del livello raggiunto dall’inondazione, a oltre due metri e mezzo a dal suolo: “Era da quella stanza – indica Claudio – che osservavo il livello dell’acqua aumentare a vista d’occhio. Poi ho sentito come lo scoppio di una bomba: era la porta blindata che veniva scaraventata via dalla piena. Ho capito che dovevo fuggire prima di fare la stessa fine”. Da lì in poi tutto è avvenuto in pochi minuti: “Mi sono precipitato giù dalle scale, fino a che ho cominciato a muovermi spinto solo dalla forza della piena. L’acqua mi arrivava al collo, ho cominciato a nuotare finché non ho sentito di nuovo la terra sotto i piedi”. Dall’ingresso di casa si nota un vicino edificio in parte abbattuto dalla rotta del Lamone: i mattoni ancora in piedi appaiono appena poggiati gli uni sugli altri. “La nonna è dai parenti – conclude Christian Perrone –, il nonno è stato accolto in una struttura che ha deciso di ospitarlo gratuitamente. Sta cominciando ora a realizzare quanto è accaduto”.