Cervia (Ravenna), 28 gennaio 2019 - "James Cameron per scrivere la storia d’amore di Titanic potrebbe essersi ispirato alla vita di un italiano che si trovava a bordo del transatlantico affondato nell’oceano". Per lo storico e scrittore Claudio Bossi, tra i massimi esperti internazionali della nave considerata "inaffondabile" dalla stampa del tempo, l’alter ego di Jack Dawson, lo squattrinato artista impersonato da Leonardo Di Caprio, potrebbe chiamarsi Emilio Portaluppi.
"Si mormora che lo scultore di Arcisate – racconta Bossi – abbia avuto una storia d’amore con Madeleine Astor, la moglie appena diciottenne del grande magnate americano di cui aveva preso il cognome. Entrambi erano a bordo del Titanic e le coincidenze con la pellicola di Cameron sono davvero tante". Ma Portaluppi non era l’unico italiano a bordo del transatlantico che nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912, dopo essersi schiantato contro un iceberg, si inabissò trascinando con sé oltre 1.500 vite.
Bossi, quanti erano i nostri connazionali sulla nave della White Star Line? «Per ora ho personalmente certificato che sull’imbarcazione si trovavano quaranta di loro. Sono vite, molto spesso brevi, sconosciute ai più, come quella di Sante Righini".
Sante Righini? "È uno dei due italiani, assieme al piemontese Carlo Fey, di cui ho recentemente ‘scoperto’ la presenza sul Titanic. Righini non figura nell’elenco ufficiale dei passeggeri, eppure viaggiava in prima classe. Era il domestico di Ella Holmes White, una ricca vedova americana. Sui documenti di imbarco, accanto al nome della donna troviamo una semplice dicitura: ‘plus servant’, ovvero ‘accompagnata da un maggiordomo’. Quello scarabocchio in realtà era Sante".
Come era finito sul Titanic? «Era un figlio di modesti bottegai. A 20 anni decide di andarsene da Pisignano di Cervia, un paesino del Ravennate dove era nato nel 1883, per emigrare negli Stati Uniti e raggiungere la sorella. Oltreoceano vive di espedienti, finché non incontra Ella Holmes White, che lo assume come domestico. Il 10 aprile i due si imbarcano a Cherbourg sul transatlantico".
E cosa è successo a bordo? "Fu trascinato sul fondo, assieme a moltissimi altri. Probabilmente ha ceduto il posto sulla scialuppa a una donna o a un bambino. Il suo cadavere fu recuperato pochi giorni dopo la grande tragedia. Il corpo, portato ad Halifax, venne riconosciuto dal cognato, grazie a un anello su cui erano incise le iniziali ‘RS’".
E lei come ha fatto a identificarlo? "Stavo indagando sulla vita di Emilio Portaluppi, uno dei pochi sopravvissuti alla tragedia di cui sto scrivendo una monografia, quando spulciando nell’elenco degli italiani emigrati in America nel 1903 mi è caduto l’occhio su un certo ‘S. Righini’. Ho sentito subito qualcosa. Approfondisco e scopro che in quell’anno era partito da Napoli per raggiungere la sorella Emma. Tutto combaciava. Il Comune di Cervia mi fornisce l’atto di nascita e le tessere del puzzle vanno al loro posto".
Ma lei come è diventato il detective del Titanic? "La mia passione nasce quando ero bambino, dopo aver visto un film sul transatlantico. Volevo sapere tutto su quella nave. Nella biblioteca di Gallarate, il mio paese, c’era poco e per diversi anni mi sono disinteressato dell’argomento. Poi nel 1985, quando Ballard ha scoperto il relitto, si è riacceso il fuoco. E da allora cerco di ricostruire la storia del Titanic, gli accadimenti di quella notte e la vita degli italiani a bordo della nave, indagando nelle emeroteche e negli archivi inglesi, irlandesi, canadesi, americani e, ovviamente, del nostro Paese".
Le piacerebbe visitare il relitto? "No, sarebbe una profanazione. Ci sono già tante, troppe, spedizioni turistiche in quel tratto di mare. Io preferisco continuare a indagare".