REDAZIONE RAVENNA

Testamento contraffato. Accusato l’ex politico. Gianguido Bazzoni: "Rinunciai, era falso"

Battaglia legale sul cospicuo lascito di un funzionario di banca in pensione

Testamento contraffato. Accusato l’ex politico. Gianguido Bazzoni: "Rinunciai, era falso"

Testamento contraffato. Accusato l’ex politico. Gianguido Bazzoni: "Rinunciai, era falso"

In totale quel testamento vale diversi milioni di euro ma quasi nessuno lo vuole. Non lo vogliono le sei persone a cui erano stati rimessi debiti fino a 100 mila euro. Ma soprattutto non lo vuole il commercialista Gianguido Bazzoni, in passato consigliere locale e regionale per Forza Italia e ora nemmeno iscritto al partito: a lui era stato rimesso un debito da ben 218 mila euro ed erano stati assegnati un podere oltre alla metà della ingente liquidità del defunto, l’ex funzionario di banca Luigi Pini di San Pietro in Vincoli, morto ultra-novantenne il 7 giugno del 2021.

La ragione sta probabilmente nella serafica spiegazione data dal Bazzoni stesso: "Ho fatto guardare, è falso, ho rinunciato. Nient’altro da dichiarare". Un artefatto in definitiva: circostanza sulla quale accusa e difesa sembrano essere d’accordo. E in questa direzione, va del resto la dichiarazione del suo legale, l’avvocato Alessandro Giovanni Vallese: "Conveniamo con la falsità del testamento, di cui nessuno, incluso l’imputato, intende avvalersi. Ma contestiamo l’attribuzione esclusiva al dottor Bazzoni e ci riserviamo di approfondire ogni ulteriore questione attinente all’eventuale esigibilità di somme di danaro risalenti a precedenti rapporti economici tra le parti".

In questa singolare vicenda, Bazzoni ricopre insomma il certamente scomodo ruolo di imputato: per falsificazione aggravata di testamento olografo. Ma perché proprio lui? Di sicuro con il defunto c’era un forte legame di amicizia: "Si portavano a vicenda sul palmo della mano", ha assicurato chi li aveva conosciuti bene entrambi.

Il nome dell’ex consigliere, sui tavoli della magistratura c’era però finito con una denuncia che la figlia dell’ex funzionario di banca, la farmacista Patrizia Pini, aveva fatto vergare subito dopo l’apertura del testamento. Ne era venuta a conoscenza - ha ricordato lei stessa ieri mattina in tribunale - un paio di mesi dopo la morte del padre: l’avvocato di fiducia del babbo, con una mail l’avvisava dell’esistenza di quel documento datato 9 ottobre 2020 e le riferiva che due giorni dopo sarebbe stato aperto davanti a un notaio. Strano, aveva pensato lei, perché giusto a primavera di quell’anno "avevo chiesto a mio padre se avesse fatto testamento: e mi disse di no". Alla lettura, aveva trovato altre 10 persone in attesa: "Il notaio lo lesse: diceva che era stato redatto a matita e inviato per posta all’avvocato ma il francobollo non aveva l’avvallo del timbro postale".

E di stranezze, ne aveva colte altre ancora: "Mio padre non scriveva nulla a matita. E poi non era la sua grafia. Il luogo di nascita, era stato indicato erroneamente con due ’t’ (’Cottignola’): ma lui era molto preciso. Il codice fiscale era sbagliato". E poi ancora nel documento "era stato omesso il cognome della moglie del fratello", figurava un lascito da 150 mila euro "a un signore con cui aveva litigato e la firma non era sua". Infine il padre, descritto come "molto scrupoloso", mai si sarebbe servito di una "spedizione per posta ordinaria" dato che "anche gli auguri li mandava con raccomandata e ricevuta di ritorno".

A quel punto aveva accettato l’eredità con beneficio di inventario e poi aveva dato incarico a due grafologhe per un’analisi sulla scrittura: "Ho capito che poteva trattarsi del signor Bazzoni - ha scandito davanti al giudice Cosimo Pedullà -: la conoscevo la sua scrittura, avevo già visto biglietti di auguri, sono un’attenta osservatrice". E nella prossima udienza, si ripartirà dai consulenti. Con una sola certezza condivisa dalle parti: quel testamento è falso.

Andrea Colombari