Ravenna, 16 gennaio 2019 - Carlo Meletti è il responsabile dell’Ingv, Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, per la pericolosità sismica. Con i suoi sismografi ha seguito e analizzato tutti i maggiori terremoti degli ultimi anni e ovviamente non gli è sfuggita nemmeno la scossa che ha svegliato la città lunedì sera.
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Meletti, che tipo di scossa è quella che ha fatto tremare Ravenna a mezzanotte?
«Molto profonda: la terra ha tremato a 25 chilometri di profondità, e per questo si è sentita anche molto lontano. Per fare un paragone, le scosse appenniniche di solito avvengono a una profondità tra gli 8 e i 15 chilometri».
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Come mai?
«Riteniamo che la scossa sia avvenuta in quella che noi chiamiamo ‘Placca adriatica’ che si sta infilando sotto all’Appennino. Il fulcro di questi movimenti passa proprio sotto a Ravenna. È una situazione analoga a quella del terremoto dell’Emilia nel 2012».
Quindi anche in quel caso la causa era la stessa?
«Sì, dal punto di vista geologico è la stessa. In Emilia però ci sono state scosse più intense e meno profonde che hanno prodotto danni molto più rilevanti».
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C’è un legame tra la scossa che abbiamo sentito lunedì notte e quelle dell’Italia centrale?
«No. I terremoti di Amatrice o dell’Aquila sono interni all’Appennino, e sono avvenuti a una profondità di 9 o 10 chilometri».
Si dice che il terremoto di lunedì notte sia stato il più forte da decenni a Ravenna. È vero?
«Di sicuro è uno dei più forti degli ultimi anni. Il terremoto più forte però è avvenuto nel 1620, quando raggiunse i 7/8 gradi sulla scala Mercalli, con danni ben più gravi di ora. Un terremoto simile a quello di lunedì sera invece è avvenuto a Ravenna il 30 dicembre del 1967, con una scossa di magnitudo 5 a 30 chilometri di profondità. Anche quella fu comunque più forte di quella dell’altra sera».
Quanto è alto il rischio sismico a Ravenna?
«Ravenna è una città ad alta pericolosità sismica anche perché si sentono bene anche le scosse delle zone vicine: penso ad esempio a quelli del Riminese. Del resto tutta l’Italia è a rischio sismico, e ci sono zone dove è ancora più elevato: penso all’Appennino o anche alla Calabria. Il grado di rischio però non deve terrorizzarci, ma spingerci ad agire di conseguenza costruendo edifici adatti a sopportare le scosse».
Parlando proprio di Rimini, si dice che anche la scossa che si è sentita in quella zona qualche mese fa sia collegata a questa. È così?
«Sì, era simile: è avvenuta il 18 novembre scorso a 37 chilometri di profondità con magnitudo 4».
Tanti ravennati sostengono che la città sia meno a rischio di altre perché il sottosuolo è sabbioso, e attutirebbe quindi le scosse. Credenza popolare o verità?
«Assolutamente credenza popolare, e che si dice ovunque in Italia per giunta: è vero il contrario. Il fondo sabbioso aumenta il rischio, perché il livello di friabilità è alto. Si è visto anche in Emilia nel 2012, quando dopo il sisma il terreno ha espulso come dei ‘mucchetti di fango’».
Ora c’è il rischio di altre scosse?
«Non lo sappiamo. Dopo la prima a mezzanotte ce ne sono state altri 5 o 6, di cui una di magnitudo 3. Altro ora non si può sapere».