REDAZIONE RAVENNA

Soprintendenza, il suo silenzio è assordante

Esami di archeologia industriale all'Almagià: successo per Landi e Spadoni. Importanza delle torri Hamon come patrimonio identitario di Ravenna. Critiche alla Cultura ravennate e apprezzamento per proposta di Ancisi di salvare una torre.

Soprintendenza, il suo silenzio è assordante

Si sono svolti domenica all’Almagià gli ‘esami’ di archeologia industriale e storia dell’arte nell’ambito di un’iniziativa organizzata da Italia Nostra. Hanno superato la prova i professori Marcello Landi e Claudio Spadoni mentre l’architetto Bottini ha ben spiegato l’importanza del salvataggio delle torri Hamon (con accento sulla o, essendo francesi gli inventori) quale testimonianza dell’industria ravennate degli anni cinquanta ed oggi dell’archeologia industriale. Da allora le torri, immutate, costituiscono un patrimonio identitario della città, un simbolo. È cambiato solo il modo di guardarle: non più celebrazione dello sviluppo industriale, residuo di un epoca inquinante, oggi possono far parte di un futuro che allontanatosi dalle energie fossili, superi il passato senza dimenticarlo. A questo può servire l’archeologia industriale già praticata con successo in Italia ed all’estero, mentre la nostra storia dell’arte sembra fermarsi all’Ottocento. Michelangelo Antonioni immortalò le torri in Deserto rosso che che vinse il Leone d’oro al Festival di Venezia nel 1964.

Grande assente la Cultura ravennate che ha snobbato l’avvenimento malgrado la città vanti alcune realtà di ordine nazionale ed interazionale in campo musicale, teatrale e museale, nonché sia sede di una Soprintendenza il cui silenzio sulla vicenda appare sempre più assordante non riconoscendo, a differenza del ‘sigarone’ l’evidente interesse culturale. Più attenta la politica, malgrado una evidente divisione nell’opposizione istituzionale. Chapeau al vecchio leone democristiano Alvaro Ancisi che si dimostra sempre verde proponendo di salvare almeno una delle due torri.

Angelo Ravaglia