Da più di 30 anni vive a Ravenna, è ben inserito nel tessuto sociale della città e ha un lavoro solido (sia autonomo che subordinato) con cui peraltro mantiene la famiglia rimasta in Senegal. Così fino a quando il 12 aprile dell’anno scorso la questura aveva detto no all’aggiornamento del suo permesso di “soggiornanti Ue di lungo periodo”. Tutta colpa di sentenze di condanna per ricettazione e per possesso di prodotti con marchi contraffatti maturate nel contesto della vendita ambulante in spiaggia. Il Tar di Bologna ha ora ribaltato la decisione annullando il provvedimento. In sintesi secondo la corte presieduta dal giudice Paolo Carpentieri, occorreva “valutare in concreto la pericolosità sociale” dell’ambulante, oggi 55enne, e “non limitarsi a sostenere l’ostatività delle condanne penali”.
L’uomo, che abita a Lido Adriano e che lavora in un’azienda agricola di Lido degli Estensi, secondo quanto riportato nel ricorso del suo avvocato Davide Baiocchi, era arrivato in Italia nel 1993. Tre anni dopo aveva ottenuto il suo primo permesso di soggiorno. Nel 2003 aveva deciso di aprire una ditta individuale nel settore del commercio. Anticamera dei guai penali: durante alcuni controlli su una spiaggia di Comacchio, era stato sorpreso con merce contraffatta rimediando varie condanne dal tribunale ferrarese. Intanto proseguiva l’iter relativo ai suoi permessi per potere rimanere in Italia a partire da una carta di soggiorno datata 5 novembre 2004. Più di recente una specifica legge (siamo nel 2021) aveva imposto agli stranieri che si trovavano da più di 10 anni in Italia, l’obbligo di aggiornamento: a quel punto il senegalese aveva inoltrato la specifica pratica ma si era ritrovato con il rigetto dell’aggiornamento e con la revoca della carta soggiorno; non aveva ottenuto nemmeno il permesso per motivi di lavoro per via delle condanne maturate in contesto balneare. E così si era rivolto al Tar anche con una richiesta di sospensiva del rigetto: a un primo no in tal senso, aveva opposto un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato il quale aveva invece dato via libera alla sospensiva attraverso un provvedimento ora ripreso dai giudici bolognesi.
Secondo la sentenza, pubblicata nei giorni scorsi, “il diniego e la revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo, non possono essere adottati per il solo fatto che uno straniero abbia riportato sentenze penali di condanna”. Serve cioè un “giudizio di pericolosità sociale” e una “motivazione articolata su più elementi”. In particolare si deve tenere conto anche della “durata del soggiorno sul territorio nazionale, dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo”. Nel caso dell’ambulante senegalese, “vengono peraltro in rilievo solo reati di natura economica”. Ovvero la questura, sempre per i giudici felsinei, “si è limitata a richiamare le condanne penali subite nello svolgimento dell’attività di commerciante itinerante sugli arenili, senza argomentare adeguatamente sulla pericolosità” del 55enne, il quale è ben integrato e con il suo lavoro “mantiene la propria famiglia in Senegal”. Il suo ricorso in definitiva deve “essere accolto” con “conseguente annullamento del provvedimento” della questura. Alla luce della “particolarità della controversia”, le spese di lite sono state compensate.
Andrea Colombari