"Smentito il ’divano a pagamento’", assolto

Imprenditore di Sant’Agata era accusato anche di avere imposto una sorta di canone a moglie e figlie per usare la sua roba

"Smentito il ’divano a pagamento’", assolto

All’uomo veniva contestata una sorta di pedaggio per l’uso del divano di casa

All’inizio la procura gli aveva attribuito non solo maltrattamenti diciamo consueti come percosse, insulti e umiliazioni. Ma anche una sorta di monetizzazione quotidiana delle azioni imponendole persino una sorta di pedaggio per l’uso del divano, oppure trattenendole le spese di lavanderia dopo che lei non gli aveva lavato e stirato le camicie. Ma ieri, al termine del rito abbreviato, è stata la stessa procura a chiedere l’assoluzione dell’uomo, un imprenditore 60enne di Sant’Agata, ritenendo che le prove raccolte fossero contraddittorie o comunque insufficienti. Il gup Andrea Galanti lo ha assolto ma con formula piena, come chiedevano le difese (avvocati Brunella Baruzzi e Federica Montanari), "perché il fatto non sussiste". Il giudice ha inoltre revocato la misura cautelare che pendeva sull’imputato (il divieto di avvicinamento alla casa familiare). La moglie si era costituita parte civile con l’avvocato Francesco Manetti.

I fatti erano stati collocati fino all’estate 2023 in un contesto di separazione. La coppia era sposata da più di vent’anni e la donna, anche confidandosi con alcune amiche, aveva riferito di maltrattamenti subiti a suo dire dal 2003. Atteggiamenti aggressivi che in alcuni casi l’avrebbero costretta a rivolgersi al pronto soccorso. Dietro a tutto, le lamentate angherie del marito dal quale lei dipendeva economicamente. In particolare era la donna a occuparsi della gestione domestica in cambio di un versamento fisso mensile di 1400 euro. Anche verso le figlie - sempre secondo l’iniziale accusa - lui avrebbe avuto un atteggiamento spiacevole non consentendo loro di consumare alimentari acquistati dal padre né di utilizzare il divano da lui comperato e per il quale sarebbe arrivato a imporre un versamento di un piccolo corrispettivo monetario: 5 euro ogni volta che le donne vi si fossero sedute.

La difesa nella propria arringa ha invece rilevato come non ci fosse stata sopraffazione della donna la quale comunque aveva un rapporto paritario nell’ambito di una relazione ormai logora e conflittuale per via della separazione in atto. In quanto alle offese verbali, erano reciproche; e la violenza fisica lamentata era in realtà legata a eventi accidentali accaduti in litigi dove lei non rimaneva inerme. Smentita anche la circostanza della monetizzazione per il divano: non confermata dalle figlie. Al massimo lui, come forma di scherzo, per la difesa aveva detto di averlo pagato lui, accettando però a richiesta che le familiari lo usassero. A riprova della loro ricostruzione, le difese hanno depositato le chat con la moglie e le figlie.