REDAZIONE RAVENNA

"Scommesse illegali", arrestata la figlia di Femia

Guendalina, residente a Lugo, in manette nell’ambito di un’operazione della dda di Salerno. Tra gli indagati il capofamiglia Nicola e il figlio

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C’è anche Guendalina Femia, nome noto dell’omonima famiglia di Sant’Agata sul Santerno e da alcuni anni residente a Lugo, tra le 33 misure cautelari notificate ieri tra Italia ed estero nell’ambito di un’indagine della dda di Salerno su un vasto giro di giochi e scommesse ritenute illegali. I carabinieri del nucleo Investigativo della città campana, coadiuvati dai colleghi della locale Stazione, le hanno notificato il provvedimento e l’hanno accompagnata in carcere a Bologna. Tra i 33 destinatari di misura, figurano pure persone legate al clan dei Casalesi. In totale ci sono 72 indagati tra cui Giannalberto Campagna di Conselice, Nicola Femia e Rocco Maria Nicola di Sant’Agata. Secondo l’inchiesta, in due anni gli incassi totali ammonterebbero a cinque miliardi di euro. Le misure hanno riguardato anche persone che si trovavano a Panama, Romania e Malta. Contestualmente sono stati messi sotto sequestro preventivo anche undici siti web, due società con sede legale nel Salernitano e tre milioni di euro ritenuti provento delle attività illecite riconducibili per l’accusa riconducibili a Luigi Giuseppe Cirillo, figlio del defunto boss calabrese di Sibari, e ad altre persone ritenute suoi prestanome.

Il sistema, secondo gli inquirenti, si basava su una piattaforma informatica realizzata nel 2000 da un romano accusato di ricettazione e già coinvolto in altre indagini. E potenziata grazie a un altro indagato per fare fronte alle esigenze contemporanee. La community era composta da milioni di giocatori sparsi in ogni angolo della terra che scommettevano anche ‘one to one’ a migliaia di chilometri di distanza. Per la dda, al vertice c’era Cirillo il quale avrebbe realizzato una vera e propria holding del ‘gaming on line’ (casinò, poker Texas Holdem) associandosi alla rete ‘dbgpoker’, non autorizzata in Italia, e avvalendosi anche della mafia casalese. I giochi erano raggiungibili anche attraverso slot machine e totem perlopiù installati nelle località del sud Italia. I server erano stati dislocati nei cosiddetti paradisi fiscali come Panama e l’isola di Curacao. I reati contestati, a vario titolo, sono di associazione per delinquere finalizzata a delitti in materia di giochi e scommesse illegali, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro provento di delitto in attività economiche, autoriciclaggio. Ad alcuni degli accusati, i reati sono stati contestati con l’aggravante di averli commessi per agevolare il clan dei Casalesi.

In tema di scommesse e slot, molti ricorderanno l’operazione della guardia di Finanza battezzata ‘Black Monkey’ sulla famiglia Femia che a gennaio 2013 portò all’applicazione di 29 ordinanze di custodia cautelare soprattutto in Bassa Romagna. L’ultimo atto è del marzo 2021 quando la Cassazione stabilì che il gruppo capeggiato da Nicola Femia, il presunto boss residente a Sant’Agata e nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia, che faceva profitti con le slot, non era un’associazione mafiosa. L’accusa di associazione ‘ndranghetistica era caduta in appello a ottobre 2019, con condanne ridotte: per Femia, capo dell’organizzazione, da 26 anni e 10 mesi a 16 anni. Gli Ermellini avevamo poi annullato senza rinvio per prescrizione la sentenza nei confronti di quattro imputati e avevano rinviato a un nuovo appello la sola posizione di Femia per rideterminare la pena per fatti commessi prima del 18 maggio 2009. Inammissibili i ricorsi di altri sei imputati, tra cui i due figli di Femia, Rocco Maria Nicola e Guendalina appunto, condannati in via definitiva rispettivamente a dieci e a cinque anni tanto che la donna si trovava in affidamento in prova.