ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Schiaffi per il fumo, interviene il tribunale: "Mi è arrivato un ammonimento. Ma lo rifarei, so come gestire mio figlio"

Un padre voleva punire il ragazzino, sorpreso alle scuole medie da un’insegnante. A causa di un livido legato a un anello, è stato convocato dai servizi sociali ed è scattato il provvedimento dei giudici per i Minori.

Un padre voleva punire il ragazzino, sorpreso alle scuole medie da un’insegnante. A causa di un livido legato a un anello, è stato convocato dai servizi sociali ed è scattato il provvedimento dei giudici per i Minori.

Un padre voleva punire il ragazzino, sorpreso alle scuole medie da un’insegnante. A causa di un livido legato a un anello, è stato convocato dai servizi sociali ed è scattato il provvedimento dei giudici per i Minori.

Ravenna, 29 dicembre 2024 – "Per l’ennesima volta avevano sorpreso mio figlio con una sigaretta a scuola. Lo ammetto: ero molto arrabbiato quando sono andato a prenderlo. E una volta casa, gli ho dato due schiaffi. Con un anello gli ho provocato un piccolo livido. Tanto è bastato per fare intervenire servizi sociali e tribunale dei Minorenni".

Uguale a guai e avvocati: alla fine per il padre in questione, un ravennate che chiameremo Mario, la vicenda si è risolta con un ammonimento. Ma ha riproposto un tema determinante per ogni genitore: se e come, nell’educazione dei propri figli, si possa intervenire anche con qualche scappellotto.

Signor Mario, come è suo figlio?

"È sempre stato un bimbo molto intelligente ma ce ne ha fatte passare parecchie. Sin dall’asilo si notava per atteggiamento aggressivo, esuberante, e provocatorio sia con i compagni che con le maestre: un paio di loro si sono dovute fare medicare in ospedale per il lancio di una bottiglietta".

Lei e la madre come avete reagito?

"Una maestra che ha visto tanti bimbi, ci ha consigliato una visita al Cmp. E così abbiamo fatto: è risultato iperattivo. In seguito ai suoi comportamenti, una decina di anni fa sono pure arrivati i servizi sociali da noi per capire se in casa ci fosse un clima di violenza".

È risultato?

"Assolutamente no: tanto che dopo due o tre settimane se ne sono andati. Comunque ci siamo rivolti, di nostra tasca, a psichiatri che ci hanno consigliato anche compresse per tranquillizzarlo".

Funzionano?

"Riesce a stare concentrato per tre ore in classe, il resto lo trascorre fuori con insegnanti di sostegno: ne ha due ma ogni anno cambiano e così lui non riesce mai a trovarsi con una insegnate di sostegno di riferimento. Lo stesso vale per lo psichiatra del Cmp: per questo abbiamo deciso di rivolgerci, pagando, a un medico che da 5 o 6 anni lo segue e sa tutto di lui".

Gli assistenti sociali?

"Non aiutato troppo... unica eccezione è stato trovargli un centro dove studiare e giocare".

Con la preadolescenza e le medie cosa è cambiato?

"Già dal primo mese di scuola, quest’anno ha iniziato a frequentare i più grandi. Uguale a petardi e sigarette, quelle elettroniche. Va detto che lui fa una cosa e me la dice. Io gli spiego che fumare fa male e che io stesso non riesco a smettere. Più volte mi ha detto “Sì, te lo prometto, smetto“ e invece...".

E invece arriviamo a fine novembre scorso.

"Mi chiamano da scuola e mi dicono che mio figlio aveva una sigaretta elettronica dietro: beccato da una insegnate di sostegno. Vado a prenderlo arrabbiato. E poi gli controllo il telefono, guardo i messaggi".

Cosa scopre?

"Che quella mattina si era sentito con uno più grande il quale gli avrebbe dovuto portare una sigaretta a scuola. Avviso il centro diurno perché con loro avevo un confronto. Dico pure che a questo giro gli avrei dato uno schiaffo".

Ed è andata così?

"Lo porto a casa di sua madre, gli do due schiaffi, anche se poi mi pianse il cuore dato che con lui c’è un rapporto di puro amore genitoriale. Ma dovevo farlo".

Il livido?

"Con un anello sulla guancia. Poi alle 13 lo accompagno al centro diurno dove dico che ha quel livido e spiego perché".

Cosa le hanno detto?

"Alle 17 mi richiamano e mi dicono che erano dispiaciuti ma che per per prassi ne avevano parlato con il direttore: lo avrebbero portato in ospedale e avrebbero avvisato i servizi sociali".

È andato là anche lei?

"Sì: la dottoressa che lo visitò, mi disse che il bambino in effetti aveva detto che era una delle prime volte che accadeva. Poi aggiunse: “Hai fatto bene, lo avrei fatto anche io”. Sul referto: prognosi di zero giorni".

Capitolo servizi sociali?

"Il giorno dopo mi chiama una assistente e mi chiede cosa sia successo. Mi dice che così non si fa. Le spiego che non lo ho mai maltrattato: è solo che all’ennesima volta, mio figlio doveva capire. Poi butta giù il telefono e chiama la madre per preannunciare conseguenze".

Quali?

"Ci arriva una mail con data di colloquio con due assistenti sociali. Ci andiamo con i nostri avvocati ma capiamo che avevano già deciso di inviare tutto alla procura dei Minori di Bologna. E dopo dieci giorni, il tribunale dei Minori mi fa sapere che mi ha solo ammonito perché la cosa non è grave. Quel giorno stesso ho detto al centro diurno e agli assistenti sociali che non ci sarebbe stato più nessun dialogo con loro: mi sono sentito preso di mira".

Come pensa questa esperienza possa averla cambiata?

"Vado avanti: sono io il genitore, non loro: non vivono in casa mia, so io come gestire mio figlio ed educarlo. Se c’è bisogno di messaggio forte, bisogna darlo".