
In una foto di repertorio, un’assistenza ad una malata di Alzheimer
Ravenna, 11 maggio 2024 – Un terremoto per il sistema di assistenza agli anziani. Perché le "prestazioni socio-assistenziali" legate in maniera inscindibile "a quelle sanitarie", sono "a carico del servizio sanitario nazionale perciò gratuite". La sentenza con la quale la corte d’appello di Bologna ha stabilito che vanno restituite le rette al figlio di un uomo malato di Alzheimer e ospitato in una rsa del Ravennate fino alla morte, si candida a tracciare il solco per tante situazioni analoghe. Del resto la corte, presieduta dal giudice Giuseppe De Rosa, è stata netta: "L’impegno assunto" dal figlio a pagare prestazioni "che avrebbero dovuto essere gratuite - si legge nelle motivazioni -, è nullo per violazione di norme imperative di rango financo costituzionale".
Chiaro che non per tutti gli ospiti di una rsa la situazione è la medesima. In questo caso l’uomo non solo era afflitto da Alzheimer, ma era segnato da altre patologie: un quadro che per l’avvocato Giovanni Franchi del Foro di Parma - presidente regionale dell’associazione a difesa dei consumatori ’Konsumer Italia’ - escludeva che ci fosse bisogno solo di "attività di mera assistenza".
La vicenda era maturata nel contesto della casa residenza per anziani ’M. Geminiani’ là dove l’anziano era rimasto ricoverato dal dicembre 2015 e fino alla morte avvenuta nel gennaio 2017. Il figlio aveva citato in giudizio sia il Consorzio ’Le Ali cooperativa sociale’, gestore della struttura, che la Regione per farsi riconoscere la somma pagata: in totale circa 14 mila euro. Il Consorzio tra le altre cose aveva poi precisato che non era suo compito determinare la natura della prestazione ma che aveva seguito disposizioni impartire dagli organi amministrativi competenti. E che comunque quella rsa aveva natura prevalentemente assistenziale: la normativa regionale prevedeva una compartecipazione dei costi pari alla metà. La decisione del tribunale di Ravenna del dicembre 2018 aveva dato ragione al Consorzio: la suddivisione delle spese per le rette era stata applicata "in maniera legittima". In appello le toghe bolognesi hanno invece accolto la principale delle richieste del legale parmigiano condannando il Consorzio a pagare al figlio del defunto 13.400 euro. E la Regione a manlevare il Consorzio, cioè a garantirlo (ovvero indennizzarlo) per quanto riguarda al somma in questione.
In particolare la condizione sanitaria dell’anziano ricoverato - hanno rilevato i giudici - non era mai stata contestata in primo grado: solo in appello "la Regione ha tentato di sminuirne la gravità sostenendo" che l’uomo "fosse in buone condizioni generali". Una "contestazione tardiva" che peraltro "non trova riscontro nella documentazione". Alla luce di questa premessa medica e "dell’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza, sia di legittimità che di merito", ecco che che il tribunale bolognese è arrivano a sciorinare il principio di questa sentenza: "Le prestazioni socio-assistenziali inscindibilmente connesse a quelle sanitarie (vedi regolare piano terapeutico) sono incluse in quelle a carico del servizio sanitario nazionale, oggi regionale: e sono gratuite". La prestazione cioè non è dovuta: perciò "è nullo l’accordo di ricovero", anche se - come "in questo caso, erano stati i servizi sociali, di concerto con l’Ausl, previa determina dell’unità di valutazione geriatrica, a disporre l’inserimento dell’utente in graduatoria e quindi in struttura".