Oltre 60mila foto nel fango. Ricordi di vita, soprattutto familiare, che sembravano irrimediabilmente persi, e che invece sono stati salvati grazie all’opera paziente, certosina e gratuita, della faentina Maria Laura Argnani, del marito Marco Bondi, di professione fotografo, e del figlio Francesco Bondi, anch’egli noto fotografo. Un’impresa vera e propria per la quale oltre a mesi di lavoro sono servite anche spiccate competenze tecniche e una certa dose di empatia, perché, come spiega la stessa Argnani: "Nel recupero abbiamo trattato foto recenti ma anche scatti storici: i bambini, la guerra, la storia di Faenza, tutto ciò che può essere racchiuso nei cassetti delle persone. Gli occhi si sono arricchiti di una memoria importante".
Quasi 9 foto su 10, secondo il team di recupero, si è salvato. "Inizialmente è stata una prova per noi – prosegue Maria Laura Argnani –, poi però la maestria di Francesco ci ha dato modo di poter affinare la tecnica di recupero. Abbiamo avuto qualche difficoltà per via degli spazi e soprattutto del tempo. La tempestività infatti è stata fondamentale. Il recupero oltretutto sta continuando anche in questo periodo". Proprio l’ardua opera di recupero conservativo, le tecniche adottate e gli strumenti utilizzati per il salvataggio delle fotografie diventeranno dall’8 maggio prossimo una mostra allestita all’interno del Salone delle bandiere di Palazzo Manfredi, in Piazza del Popolo a Faenza. Si intitolerà ‘Ricordi appesi’, nome che trae origine dalle foto scollate, disincrostate, lavate e appese sullo stendipanni da bucato. La mostra, curata da Michele Argnani e Gian Marco Magnani dell’associazione Fototeca manfrediana, vanta il patrocinio del comune di Faenza e avrà come partner tecnico il colosso del settore Fujifilm. "’Ricordi appesi’ – conclude Argnani – racchiude il nostro lavoro manuale ma è anche un percorso interiore. Inoltre servirà a spiegare la tecnica che abbiano utilizzato e i materiali. La collaborazione con Fujifilm Italia peraltro è nata attraverso un mio pensiero critico sulle tecniche della salvaguardia e sul lavaggio delle foto. Mi permisi di inviare loro una piccola annotazione e dalla risposta dell’azienda ne è nata una collaborazione tecnica. Tra l’altro mi ha comunicato che nel mondo sono davvero in pochi ad aver messo in atto un lavoro di recupero di questo tipo. Noi a Faenza e un altro fotografo in Giappone, che fece la stessa cosa dopo lo tsunami del 2011".