Savio di Cervia (Ravenna), 30 gennaio 2020 - Nell’ambito degli accertamenti su un contratto di appalto di servizi alla fine ritenuto fasullo dato che nei fatti sarebbe servito solo a somministrare manodopera e a eludere i contributi, sono state individuate pure due lavoratrici che avrebbero indebitamente percepito il reddito di cittadinanza e l’indennità di disoccupazione pur di fatto lavorando anche se in nero.
È quanto delineato al termine di un’indagine su una casa famiglia per anziani di Savio di Cervia, ‘La Villa di Savio’, portata avanti dai carabinieri del nucleo Ispettorato Lavoro e da funzionari dell’Inps sotto la coordinazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Quattro in totale le persone denunciate a vario titolo anche per il reato di truffa aggravata: oltre alle due lavoratrici, nella lista figurano pure i due 49enni titolari delle due società coinvolte negli accertamenti: ovvero oltre alla casa famiglia ravennate, pure la romana ‘M & G Co Service‘ srl.
Le verifiche – si legge in una nota – hanno riguardato il periodo che va da febbraio 2018 a dicembre 2019. Dagli accertamenti, secondo l’accusa, è emerso che la società di servizi con sede legale a Roma, aveva stipulato con la casa per anziani ravennate, un artificioso contratto di appalto per servizi in grado di consentire all’impresa romana di fornire manodopera irregolare alla casa di riposo. In particolare l’impresa contraente avrebbe reclutato il personale che veniva inviato, con mansioni di operatore socio sanitario, alla casa di riposo; inoltre per alcune lavoratrici non sarebbero nemmeno state fatte le assunzioni. Dagli sviluppi investigativi, è emerso che due lavoratrici impiegate in nero, percepivano indebitamente danaro pubblico: in un caso il reddito di cittadinanza per un importo di 4.323 euro erogati dall’Inps ferrarese (la contestazione riguarda una 63enne di origine siciliana ma residente a Ferrara). E nell’altro caso, l’indennità di disoccupazione pari a 1.010 euro erogata dall’Inps ravennate (si tratta di una 60enne di origine tunisina ma residente a Ravenna).
Sempre secondo l’accusa, l’impresa impiegava le lavoratrici in turni di 48/72 ore continuative anche di notte, violando le norme che regolano il rispetto del riposo giornaliero e settimanale, e omettendo pure per otto di loro la necessaria sorveglianza sanitaria sulle visite mediche con conseguenti rischi per la salute. Per gli inquirenti, il meccanismo consentiva alle due imprese coinvolte non solo di eludere la contribuzione obbligatoria, ma anche le norme sulla salute e sicurezza. Per la ditta utilizzatrice, sono così scattate sanzioni amministrative per 8.786 euro e sono state contestate ammende per 12.059 euro; infine sono stati recuperati contributi per 45.257 euro. Mentre alla ditta somministratrice, sono state contestate sanzioni amministrative per 9.949 euro e ammende pari a 1.705 euro.